Che la scena musicale irlandese, in questi ultimi anni, sia più viva che mai non siamo noi a dirlo, ma è la qualità  dei prodotti che arrivano alle nostre orecchie a confermarlo. Da questa preziosa e attiva fucina di talenti l’ultimo nome da segnare sull’agenda preferita è quello delle Pillow Queens che, dopo una lunga gavetta, arrivano all’album d’esordio e non deludono chi le aspettava al varco. L’indie-rock ad alto tasso emozionale delle fanciulle meritava un doveroso approfondimento che facciamo con Cathy McGuinness, chitarrista (e all’occorrenza anche voce) della band.

(L’intervista è stata pubblicata in origine sul numero 482 di Rockerilla, ottobre 2020)

Bentrovate, come state?
Ciao, Riccardo, stiamo bene. Grazie per aver trovato il tempo per questa chiacchierata.

Album d’esordio uscito da poco. Immagino che l’emozione sia ancora tanta.
Oh si, è vero. Penso che tutte noi stiamo provando una specie di montagne russe delle emozioni: emozione, nervosismo, paura, paura, gioia e tutto quello che c’è in mezzo. Siamo fiduciose nell’album e non cambieremmo nulla, se poi le altre persone si sentissero allo stesso modo, ascoltandolo, beh questo sarebbe un vero e proprio bonus. Comunque si, ci sono dei momenti in cui non ci sembra vero: “Oh mio Dio, abbiamo pubblicato un disco!!”.

Le prime volte che ho letto di voi era il 2016. Possiamo dire che il vostro album di debutto è un’immagine perfetta di ciò che è il vostro suono (nel 2020), ma senza dimenticare il viaggio che avete fatto per arrivare a questo momento?
Credo che sia una cosa giusta da dire. Siamo cresciute molto come band e abbiamo imparato molto da quando abbiamo iniziato nel 2016, ma penso che sia anche giusto dire che, nel disco, si sentono anche gli accenni delle nostre prime cose.

Ma è vero che, ai vostri esordi, prima di fare dei concerti avete pubblicato il primo EP in modo che la gente conoscesse la vostra musica e le vostre canzoni?
è vero, si, abbiamo pubblicato un EP prima di fare un live come band! Non sono sicura se l’intenzione reale fosse per far conoscere le canzoni alla gente, però. Ci siamo sentite abbastanza coraggiose da prenotare lo studio con il meraviglioso Peter Ashmore. Dobbiamo molto a Peter, ci ha davvero aiutato ad affinare il suono che noi cercavamo per quell’EP. Penso davvero che sia stata una sorpresa, per tutte noi, scoprire il fatto che poi l’ EP è diventato così popolare. Al nostro primo concerto c’era una stanza stracolma di gente che cantava tutti i testi. Ricordo che abbiamo cercato di fare le disinvolte, ma in realtà  avevamo un’espressione tipo: “Uh…cosa sta succedendo qui?”.

Il titolo del vostro album sembra una presa di posizione. L’attesa sembra essere ciò che tutti ci chiedono o chi hanno chiesto (inevitabile pensare al lockdown che abbiamo superato, anche in Italia), ma forse, dopo aver aspettato, è arrivato il momento di fare qualcosa, per davvero. Che ne dici?
Penso che tu abbia ragione! Il titolo dell’album può avere sicuramente molti significati diversi. Ma certamente, dopo questo anno bizzarro, quello che emerge è che tutte noi sentivamo che l’album doveva assolutamente essere presentato al mondo.

La religione, la sessualità , la frustrazione, il gruppo di amici, le situazioni spiacevoli della vita. Ascolto il vostro album e l’Italia non sembra così diversa dall’Irlanda. Che ne dici?
Noi di sicuro lo pensiamo. La religione sopratutto ha avuto una forte presa sui nostri paesi. Abbiamo entrambi una forte condivisione su questa tematica, per non parlare di tutto quello che è legato all’emigrazione. Non dimentichiamolo!

Nei vostri primi EP avevate una capacità  pazzesca di creare canzoni molto pop e immediate con testi che non erano, in realtà , così solari. Ora questa capacità  è rimasta, ma mi sembra che, sempre più spesso, abbiate imparato a tratteggiare anche maggiormente le ombre nella musica. Sbaglio?
Abbiamo cercato davvero di raggiungere questo obiettivo, quindi è bello vedere che lo hai notato. In realtà  mi piace molto quando i testi e la musica risultano essere un po’ incongruenti. Rende la canzone più stratificata se la si ascolta con attenzione.

Adoro “Liffey”. Ha questo suono di chitarra che trovo così oscuro e incisivo, mi sembra che la voce debba emergere a forza dal rumore delle chitarre…
Oh grazie! Ti sorprenderò, ma questa canzone è nata piuttosto velocemente e facilmente. Pamela l’aveva suonata con un suono di chitarra molto pulito (che ora non riesco più a immaginare!) e a tutte noi è sembrato avere una qualche strana connessione, come una comunicazione non verbale che si è creata subito e sapevamo esattamente cosa suonare all’istante.

Tra le nuove canzoni, “I love Child Of Prague”, che ha quasi un’influenza doo-wop e “Harvey”, beh, sono incredibili. Anche quest’ultima mi sembra avere quasi un’influenza anni ’50, ma con una dolcezza che, non so perchè, mi fa sempre pensare alla chitarra di Johnny Marr. Sono così fuori strada?
Che complimenti Riccardo, grazie! Anch’io amo entrambi i brani e penso che tu li abbia descritti molto bene. Tutti noi volevamo cercare di ottenere un’atmosfera da crooner per “Harvey”. La melodia e le armonie creano sentimenti di vicinanza ma nello stesso tempo sono anche dissonanti: questo ci ha messo un po’ alla prova e ha richiesto un po’ di pazienza, ma credo che alla fine abbiano aiutato a sviluppare quell’atmosfera anni ’50 di cui parli. Su “Child Of Prague” ti dico solo che è uno dei miei brani preferiti da suonare.

Posso confessare che la prima volta che ho ascoltato “Holy Show” mi sono commosso? Penso che sia davvero la melodia più chiara e limpida che abbiate mai realizzato. Non trovi?
è divertente vederti usare la parola ‘confessare‘ in relazione a un titolo come “Holy Show”. Il gergo religioso è un’altra cosa che condividiamo tutte! Comunque sulla commozione ti posso dire che non sei solo. Pamela ha davvero fatto centro con quella melodia!

C’è qualcosa che è arrivato solo in studio e che non avevate pianificato prima?
Credo di poterti dire l’outro di “Donaghmede”, che mi sorprende ancora, nel miglior modo possibile. Tommy Mc Laughlin è un produttore bizzarro e meraviglioso. Abbiamo avuto un’idea e un riferimento (“Lucky One” di Gemma Hayes), così Tommy ha tirato fuori questo strano synth (cosa che non è affatto il nostro forte) e mi ha detto di iniziare a buttarci sopra roba. Mi sentivo come se stessi guidando un nave spaziale.

Adoro i vostri video. Riuscite sempre a infondere il significato della canzone nelle immagini. Dall’ironia alla tristezza. Dal lo-fi di Rats alle emozioni strazianti di Brothers. Personalmente, adoro il video di Puppets, ma quello di Brothers mi fa davvero venire la pelle d’oca. Avete un video che preferite?
Dobbiamo dare tutto il merito a Kate Dolan, ha davvero occhio per quei video così emozionali. Io personalmente adoro il video di “Gay Girls”. Penso che mostri davvero come la religione sia un concetto così estraneo e forzato per un bambino, che invece vuole solo divertirsi un po’. Ho versato più di una lacrima quando ho visto quel video!

Ma dimmi la verità … quanto amate i cani? Nei video fanno spesso capolino. Credo davvero che li adoriate…
Oh, ci puoi scommettere! Sono l’autista designata delle Pillow Queens e non so dirti quante sono le volte in cui le ragazze mi hanno quasi fatto schiantare, rischiando di sbattere forte la faccia tra volante e parabrezza. Naturalmente è sempre perchè vedono un cane. Noi li adoriamo.

Qualche tempo fa ho fatto una chiacchierata con Tim Wheeler degli Ash, band irlandese che ha un buon seguito in Italia. Mi ha descritto una realtà  musicale irlandese molto vivace, con bande molto collegate le une alle altre e un mondo underground molto attivo. Me lo confermi? Ah, una domanda…ma questi Inhaler…ci sembrano piuttosto interessanti. Ma secondo te quando conta il fatto che ci sia di mezzo il figlio di Bono degli U2?
C’è una grande scena musicale in Irlanda in questo momento, Tim ha ragione! è realmente una scena molto vivace e per la maggior parte, molto solidale. Abbiamo incontrato e conosciuto gli Inhaler, sono dei ragazzi adorabili. Sono sicura che Bono sta dando loro un’occhiata dall’alto, ma è naturale, no? Non importa quanto famoso sia tuo padre, la musica deve essere buona e camminare con le proprie gambe per sopravvivere in questo mondo.

Grazie ancora per la tua disponibilità . C’è una canzone in questo album che ti piacerebbe utilizzare come colonna sonora per terminare questa intervista?
Sicuramente “Donaghmede”. Alzate il volume! Grazie ancora a te Riccardo per aver trovato il tempo di chiacchierare con me. Mi è piaciuto particolarmente farlo, anche perchè il mio orsacchiotto di quando avevo 3 anni si chiamava Ricky The Racoon. Non ho mai pubblicamente ammesso di avere un orsacchiotto, ma adesso l’ho fatto! Ciao e grazie.

Our debut album ‘In Waiting’ is out now.

Order physical copy: https://pillowqueens.ffm.to/preorder

Stream: https://pillowqueens.ffm.to/inwaiting

Buy a digital copy: https://pillowqueens.bandcamp.com

Pubblicato da Pillow Queens su  Giovedì 24 settembre 2020

Photo: Faolán Carey