Settimo album in studio in quattordici anni per i  Bring Me The Horizon, partiti nel lontano 2006 con il devastante “Count Your Blessing”, uno dei dischi più rappresentativi della nuova scena (di allora)  emo-core/post grind core/alternative metal.

La nuova fatica “Post Human: Survival Horror” è stata annunciata come prima parte di un’opera suddivisa in quattro album, dal titolo, appunto: “Post Human”. Un progetto molto ambizioso sulla carta che promette molto materiale in arrivo e una certa (vedremo come) continuità  artistica.
Partiamo dal contenuto.
Le 9 tracce che compongono “Post Human: Survival Horror” (album interamente scritto durante la quarantena) respirano 2020 da tutti i pori: le liriche di  Oliver Sykes  riflettono continuamente la paura per il virus, la minaccia della pandemia e una voglia di libertà  riscoperta. Spunti interessanti e alcune soluzioni galvanizzanti, ma il tutto è supportato da un  sound  piuttosto deludente.
Vediamo meglio.

Il nuovo lavoro dei  BMTH  ha fatto gridare a molti  fans  e anche ad alcuni critici ad un formidabile ritorno alle origini, un riaffiorare dunque di quel marchio di fabbrica estremista, ma per molti orecchi molto godibile, che ha segnato il percorso dei  BMTH fino a “There is a Hell I’ve Seen It. There is a Heaven Let’s Keep It a Secret” del 2010. Con il seguente lavoro “Sempiternal” del 2013 abbiamo una forte apertura melodica ed elettronica, ma del tutto riuscita. I  BMTH sono a cavallo della musica alternative metal  del periodo e “Sempiternal” rimane il miglior disco, a mio parere, di tutta la loro ancora in divenire discografia.
Con “That’s The Spirit” del 2015 le cose cambiano. Chi grida alla “commercialata” questa volta ha anche ragione, l’album è orecchiabile, la band  è molto capace compositivamente, però è un disco che ci fa proprio pensare: “Ok, i  BMTH  sono finiti, sono diventati qualcos’altro, bravi, ma non so se mi piace questa roba”. Il sesto album “amo”, uscito l’anno scorso, è un proseguimento sulla scia lasciata da “That’s The Spirit”, che quindi conferma la percezione avuta con il precedente, ma che comunque rimane interessante (a me non piace) sotto alcuni aspetti.

Ora, un anno dopo “amo”, esce “Post Human: Survival Horror” e cosa dovremmo aspettarci da un percorso del genere? Beh sarà  ugual”…
E invece no, il  sound  è molto diverso.
Il problema è che sì, i cinque di  Sheffield sono tornati indietro, ma troppo.
Il nuovo album dei  BMTH  sembra un disco  nu metal.
L’elettronica usata è troppo elettronica, lontanissima da come viene dosata nel 2020, e la deriva delle composizioni sfocia in un banale, prevedibile e ridondante muro sonoro sul quale Oli Sykes  urla e smiela per una mezzoretta.

Il risultato non è sufficiente per una band  che ha indubbiamente delle qualità  e una buona vena compositiva da sviluppare. Alcuni brani sono anche esaltanti (“Obey” e “Parasite Eve” su tutti), ottime e ben bilanciate le featuring:  Yungblud,  Babymetal,  Nova Twins e Amy Lee degli Evanescence, ma il canovaccio generale non convince e soprattutto lascia intravedere una netta involuzione per un gruppo che è sempre stato il punto di riferimento più cool  e “sul pezzo” del genere che rappresenta e che influenza da più di dieci anni.

Attendiamo il resto dell’opera.

Photo: MCK-photography, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons