Interessante anche il singolo d’esordio di Ida Nastri, che oggi si presenta alla scena nazionale con “Comfort Zone”, riecheggiando un po’ la Vicario e un po’ Levante, tutto nella salsa elettronica che tanto piace oggi al cantautorato femminile e che, in qualche modo, rappresenta la cifra stilistica di un movimento in perpetua trasformazione.

Il brano si muove in maniera scorrevole, grazie alla pasta timbrica di una vocalità  che accompagna l’ascoltatore senza imporre strappi eccessivi e salti non preparati nella texture omogenea di un singolo che, per questo, ha i numeri per potersi portare in playlist (la radio, ormai, sembra aver perso il fascino che aveva, sopratutto presso le nuove generazioni).

Non manca qualche chicca in fase di mixing (bella l’idea del detuning sulla voce principale in chiusura di ritornello, didascalicamente efficace a rendere il senso del testo potenziando l’effetto della narrazione musicale) nella resa artistica di un brano che mescola l’amore al viaggio, nel segno della necessità  di rigetto di ogni definizione semplice e di ogni deriva della routine.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Ida Nastri (@ida.nastri)

Allo stesso modo, non mancano, nel disegno complessivamente efficace della produzione, momenti di distensione e svuotamento che talvolta abbassano forse un po’ troppo il ritmo emotivo del brano, ma emergono solo dalla disanalisi di un secondo, terzo ascolto: alla prima riproduzione – e questo è l’importante – “Comfort Zone”scivola via lasciandosi ascoltare, anche senza l’artificio di machiavellici fuochi d’artificio.