Avevamo lasciato Taylor Swift lo scorso luglio, dopo la pubblicazione a sorpresa dell’ottavo album “Folklore” (ampliato nel frattempo con l’arrivo di un docu ““ film candidato ai Grammy). L’annosa polemica che ha coinvolto il manager Scooter Braun, reo di aver acquistato il catalogo della Big Machine che includeva i primi sei album della cantante per poi rivenderlo al fondo d’investimento Shamrock Capital, intanto si è conclusa. La Swift ha registrato nuovamente quei dischi, regalando nel frattempo altri quindici brani inediti (diciassette nella versione deluxe).

“Evermore” è parente stretto di “Folklore”, una sorellanza suggellata dalla presenza degli stessi collaboratori. Squadra che vince non si cambia e quindi ecco Jack Antonoff, Aaron Dessner dei The National che ha prodotto tutto l’album tranne un brano, Justin Vernon (Bon Iver) e William Bowery (aka Joe Alwyn attuale compagno di Taylor) con una new entry piuttosto importante: le Haim che armonizzano a più voci nella vendetta contry noir “No Body, No Crime”.

La chiave è sempre quella del pop sofisticato, in versione più acustica rispetto alla scorsa estate. L’atmosfera sembra intima e soffusa fin dai primi arpeggi della chitarra spagnoleggiante di “Willow”, tono confessionale confermato dal piano di “Champagne Problems” e “Tolerate It”. La sincerità  è sicuramente l’arma migliore di questo secondo album del 2020, che si concentra soprattutto sui ritratti femminili (“Dorothea”, “Marjorie”, la Este protagonista della già  citata “No Body, No Crime”). L’elettronica torna a farsi sentire in “Gold Rush”, “Closure” e “Long Story Short” ma è uno stile che non si adatta molto a Taylor Swift e al sound di un disco fondamentalmente melodico, meno avventuroso rispetto a “Folklore”.

La malinconica “Coney Island” è il brano in cui la mano di Aaron Dessner si sente maggiormente e la voce di Matt Berninger compare quasi dal nulla per un duetto non particolarmente riuscito ma inaspettato almeno quanto la presenza di Marcus Mumford dei Mumford & Sons ai backing vocals in “Cowboy Like Me”. Meglio il nuovo incontro tra Swift e Justin Vernon che nella title track trovano armonie vincenti adatte al futuro clima invernale. Menzione speciale per la treccia in copertina, che provocherà  certamente centinaia di tentativi d’imitazione.

Credit foto: Beth Garrabrant