#10) IDLES
Ultra Mono
[ Partisan ]
LEGGI LA RECENSIONE

Certo, questo terzo disco dei bristoliani non ha la forza d’urto dei precedenti (e personalmente preferisco “Brutalism” a “Joy as an Act of Resistance”), ma certifica definitivamente la nascita della stella più luminosa nel firmamento post-punk britannico del terzo millennio, insieme a gente come Fontaines D.C., Shame, Girl Band, Algiers… e si sa, quando da quelle parti arriva il punk, è segno che le cose non stanno andando proprio benissimo.

#9) FIONA APPLE
Fetch the Bolt Cutters
[ Epic ]
LEGGI LA RECENSIONE

La più grande discepola di Joni Mitchell e Laura Nyro giunge al quinto album in 24 anni, appena il terzo negli ultimi 20. Acclamato fin dal primissimo giorno d’uscita, “Fetch the Bolt Cutters” è indubbiamente un disco di grado superiore alla media – come tutta la discografia della Apple, che, centellinandosi, non si è mai concessa azzardi – ma ostico per chi non ha dimestichezza con l’inglese e tantomeno con strutture che flirtano più col jazz e il teatro che con la musica rock.

#8) FLEET FOXES
Shore
[ Anti- ]
LEGGI LA RECENSIONE

La quarta fatica dei Fleet Foxes è di fatto un album solista di Robin Pecknold, che lo ha registrato in buona parte durante il lockdown primaverile. Pur mantenendosi sui livelli del precedente “Crack-Up” non si può fare a meno di notare sia la decisa svolta verso un sound più orecchiabile, sia il visto definitivo su di un marchio di fabbrica unico, tra i più riconoscibili dell’ultimo decennio.

#7) Rà“ISàN MURPHY
Róisà­n Machine
[ Skint ]
LEGGI LA RECENSIONE

La ex voce dei Moloko torna in pista alla grande con un tour de force di quasi un’ora, zeppo di brividi nostalgici tra funky e deep-house. Negli anni d’oro della rinascita della musica disco, la Murphy azzecca uno dei migliori lavori della carriera e riscuote i giusti sospesi dalla risorgente che lei stessa ha contribuito a forgiare.

#6) CRACK CLOUD
Pain Olympics
[ Autoprodotto ]
LEGGI LA RECENSIONE

Grossa sorpresa l’esordio su album del collettivo canadese dei Crack Cloud, che riesumano il post-punk danzabile di Talking Heads e Devo, pur pagando un piccolo pegno al revival dei conterranei Arcade Fire. Disco godibile e inventivo di un gruppo che, si spera, continuerà  a far parlare di sè in questo decennio appena apèrtosi.

#5) YVES TUMOR
Heaven to a Tortured Mind
[ Warp ]
LEGGI LA RECENSIONE

Un’altra gradita conferma arriva da Yves Tumor, che dopo il già  suadente “Safe in the Hands of Love” del 2018 si conferma ai medesimi livelli con un’opera onirica e raffinata. Stravagante incrocio fra un Syd Barrett nero, una drag-queen e un Lenny Kravitz androgino, Tumor porta avanti il suo tentativo di aggiornare il glam, la psichedelia e il soul nell’era multimediale.

#4) DAN DEACON
Mystic Familiar
[ Domino ]
LEGGI LA RECENSIONE

Dan Deacon aggiunge un tassello importante alla sua eccentrica arte con uno degli album migliori della carriera. Come sempre giocoso e schizoide, “Mystic Familiar” fa intravedere ulteriori margini di miglioramento per uno dei campioni dell’elettronica indie. Una menzione particolare alla suite “Arp”, il cui terzo movimento deflagra in un rumorismo colorato di droni arcobaleno che ben sintetizza il suo bislacco innesto di infantilismo e avanguardia cólta.

#3) LIANNE LA HAVAS
Lianne La Havas
[ Warner ]
LEGGI LA RECENSIONE

Il terzo album dell’inglese Lianne La Havas (mezza greca, mezza giamaicana) rilancia il neo-soul con singoli come “Bittersweet”, “Paper Thin” e “Can’t Fight”, levigati anche da una sottile patina psichedelica. Ma, personalmente, quei già  pregevoli risultati impallidiscono al cospetto della clamorosa cover di “Weird Fishes” dei Radiohead, la cui asettica frigidità  viene iniettata di un grondante, caldo sangue soul, zattera che bascula in mezzo a un mare di respiri e ruggiti reclamanti redenzione (“Toccherò il fondo / e la scamperò“).

#2) JESSIE WARE
What’s Your Pleasure?
[ PMR ]
LEGGI LA RECENSIONE

Una delle sorprese più gradevoli dell’anno è il caleidoscopio post-disco della rediviva Jessie Ware, praticamente un greatest hits di omaggi alla frivola sensualità  della seduzione sulle piste da ballo. Tra i momenti migliori ci sono “Spotlight”, “Save a Kiss” e “Adore You”, ma la coesione e la quasi assenza di riempitivi rendono questo lavoro uno dei più solidi album pop da diversi anni a questa parte.

#1) MICROPHONES
Microphones in 2020
[ P.W. Elverum & Sun ]
LEGGI LA RECENSIONE

Il ritorno alle origini di Elverum conquista per distacco la palma di mio disco preferito dell’anno. Il tempo dirà  se questa possente autobiografia resterà  un mero esercizio di stile o se, per converso, traccerà  la strada per un nuovo cantautorato negli anni “’20.
Vidi gli Stereolab a Bellingham suonare lo stesso accordo per quindici minuti / qualcosa in me cambiò / e tornai a casa con la convinzione di poter ricreare l’eternità  / [“…] / lentamente iniziai a intendere le parole in un modo che andasse oltre la semplice malinconia / bensì un qualcosa che avvolge“.