E’ stata una lunga gestazione ma il primo album dei Tourists si è guadagnato finalmente il proprio giorno di gloria. Anticipato da una manciata di singoli che avevano confermato lo spessore della band, possiamo senza dubbio dichiarare che l’attesa è stata pienamente ripagata.

La band di Torquay – piccola cittadina del Devon che gentilmente si affaccia sul canale della Manica, in un certo senso famosa per esservi nata Agatha Christie – ha iniziato a registrare i brani nel 2018 e il primo singolo “Align” risale all’ottobre del 2019. Come comunicato dalla band in quei giorni, il lungo ritardo era dovuto alla ricerca di un particolare sound, una produzione che potesse catturare quell’energia e quell’atmosfera delle loro performance live. Attraverso il loro collaboratore James Bragg e una serie di circostanze più o meno fortuite, i brani registrati in tutta tranquillità  dalla band a Torquay hanno sorvolato l’oceano per raggiungere gli Strange Weather studios di Brooklyn dove il produttore Daniel Schlett (War On Drugs e DIIV) ha modellato l’abito ideale per i dieci brani dell’album.

Jamie Giles è il frontman della band che attraverso una playlist pubblicata su Spotify rende noti i brani e i suoni che hanno ispirato il disco. Non ci sorprende trovare insieme ai già  citati DIIV e War On Drugs, Joy Division, Gang Of Four, Radiohead, Preoccupation,   Beach House, Interpol, NEU e Slowdive (ne citiamo solo alcuni che danno comunque l’idea di quale sono le coordinate sonore ed emotive della band).

L’album è quindi ricco di quelle influenze musicali che vanno dal Krautrock dei NEU (l’apertura del disco “Silent Type”), al classico post punk dei Joy Division   e Interpol (“Align”, “Smokescreen” e “Lego Man”) mentre il garrito di un gabbiano si ascolta nell’introduzione della conclusiva e title track “Another State”, un brano dreamy che fa l’occhiolino al Beach House. La strumentale “Black Friday” ci riporta ai tempi i cui gli Smiths pubblicavano singoli in cui Johnny Marr dava sfogo ai suoi esperimenti senza la voce di Morrissey mentre tra i brani inediti un grosso punto esclamativo va senza dubbio appiccicato a  “Strangers”, brano di una delicatezza imbarazzante. Il synth-pop di “Faults”, la sensuale “Blindside” e la più ritmata “Perception Management” completano l’album con quel tocco di elettronica che la band stava da sempre rincorrendo.

Nonostante le band di riferimento citate possano dare l’impressione al lettore che l’album sia una sorta di raccolta di cover, è importante mettere in evidenza che “Another State” è un album che scolpisce una chiara identità  al gruppo di Torquay. Trasformato l’ascolto e le ispirazioni in dieci brani che s’incastrano alle perfezione l’uno nell’altro, l’album trasmette una sensazione d’inquietudine che si trasforma velocemente in un senso di pace e tranquillità , come il dolce rumore delle onde che trovano finalmente sollievo prima di scivolare stanche sulla spiaggia. Nel cielo un gabbiano garrisce spavaldo, ignorando che il suo inno alla vita diventerà  eterno, catturato dai microfoni e rinchiuso per sempre in una canzone.

Photo credit – Aubrey Simpson