Cosa porta a galla riprendere in mano questo disco? Tanto. Ricordi, emozioni, batticuori. Il bello della musica direte voi, certo. Ma con certi dischi questa bellezza è ancora più forte, più intensa.
Ripenso a Rachele, la mia “principessa britpop” del cuore, che stravedeva per “All For Love” mentre io mi ero fissato con la b-side “The Collector”, ma la mente va poi anche al Covo di Bologna, quando il concerto dei Marion non andò in scena perchè Jaime era sul tour bus con la febbre e io mi feci la foto con Tony Grantham ed ero comunque felicissimo, ma vuoi anche non rivivere la scena del nuovo concerto bolognese, mesi dopo, con il solito Jaime che a fine concerto si prende una sedie e si mette in mezzo al palco e i buttafuori creano una fila di fanciulle che, una ad una, se lo vanno a baciare e abbracciare. Ovviamente nella fila ci sono pure io e arrivato il mio turno gli faccio “Jaime, non sono una ragazza, ma ti bacerei lo stesso” e lui si fa una risata e mi stringe la mano. Emerge tutto così, senza alcuno sforzo, come se queste cose le avessi fatte ieri.

I Marion li amavo. Tanto. Tantissimo. Erano guidati da quel “Dio in terra” di Jaime Harding che era sempre bellissimo e pettinato in modo favoloso e poi avevano piazzato una manciata di singoli clamorosi. All’uscita di questo disco non c’erano nè santi nè Madonne per nessuno, men che meno per me: andava preso a tutti i costi. E così il vostro umile scrittore fece e 25 anni dopo quella copia, andando a spulciare tra la sua collezione, si ritrova non solo quel primo CD, ma anche la ristampa, sempre in CD con le b-side e ben due vinili, uno colorato con la firma di Jaime. Se questo non è fanatismo, beh, ditemelo voi.
Questo per dirvi che “This World And Body”, con quel suo mix tagliente tra primissimi U2 e Smiths, entrò subito in circolo con un perfetto dosaggio di rabbia adolescenziale, emotività  pulsante e quel giusto grado di animo un tantino dark che non guastava affatto. Jaime infondeva grinta, passione e disperazione non solo alla sua voce e al suo cantato, ma lo trasmetteva anche a tutto il disco, in un empatico e drammatico chiaro/scuro costante. Non è un caso se qualcuno, all’epoca, tirò in ballo anche i Joy Division.

Per colpi intensi e incalzanti come “Fallen Through”, “The Only Way” o “Toys For Boys” ecco il contraltare più scuro, espresso in “All For Love”, “Your Body Lies” e “My Children” (da fermare il respiro con il suo crescendo). Certo, come ogni disco “britpop” (da prendere con le dovute pinze questo termine, almeno per questo album) ecco apparire il paio di singoli scritti con la scritta “trionfo” in fronte, perchè baciati dall’ispirazione, dalla melodia totale e da ritornelli a presa immediata: parliamo ovviamente di “Time” e della travolgente “Sleep”, con quella chitarra iniziale d’antologia e l’armonica a bocca che infonde un tono ancora più stradaiolo. Che meraviglia.

La posizione numero 10 nella classifica inglese fu buona, certificando che il disco era piaciuto e i ragazzi erano davvero su una buona strada che, purtroppo, venne ben presto abbandonata. Ma questa è un’altra (dannata) storia…

Pubblicazione: 5 febbraio 1996
Genere: Britpop, indie-rock
Lunghezza: 43:33
Label: London Records
Produttore: Al Clay

Tracklist:
1. Fallen Through
2. Sleep
3. Let’s All Go Together
4. Wait
5. The Only Way
6. I Stopped Dancing
7. All for Love
8. Toys for Boys
9. Time
10. Vanessa
11. Your Body Lies
12. My Children