Sono passati ben cinque lustri dal disco d’esordio di Carmen Consoli: “Due parole”, uscito il 20 febbraio 1996, metteva in luce un’autrice ancora in fase embrionale ma già  in possesso di notevoli mezzi espressivi e tanto talento.

Era poco più che ventenne in fondo, essendo la catanese nata nel 1974, ma considerando che i suoi primi passi musicali li aveva mossi appena adolescente alla guida dei Moon Dog’s Party, band specializzata in cover di classici blues, giunta alla prova del primo album aveva in pratica accumulato già  una discreta esperienza, specie come performer.

In realtà  era parso chiaro ben presto come la futura cantantessa avesse tutto un suo mondo interiore, ricco e variegato, da trasmettere e tradurre in canzoni.

Canzoni intimiste, certo, inevitabilmente acerbe se vogliamo, ma cariche di pathos e sentimento, che nella loro nudità  per lo più acustica sapevano però entrarti sotto pelle e affascinare, non solo per quella singolare interpretazione che presto sarebbe diventato marchio di fabbrica, ma anche in virtù di una semplicità  (da non confondersi con banalità ) in grado di disarmare.

Il compianto Francesco Virlinzi, suo concittadino, ci aveva visto lungo con lei, dandole fiducia ma allo stesso tempo correggendo alcune piccole imperfezioni; seppe così consigliarla nel migliore dei modi per migliorare quelle entusiasmanti bozze che costituivano i suoi primi provini, tra cui la scelta di affiancargli Mario Venuti nella scrittura di “Amore di plastica”: i due realizzeranno insieme infatti quel fortunatissimo e trascinante ritornello che caratterizza il singolo.

La giovane Carmen, seppur timida e introversa, era altresì ostinata a rincorrere il suo sogno d’artista, ed era già  reduce da un fruttuoso soggiorno nella Capitale dove aveva maturato altra preziosa esperienza.

La Cyclope Records mostrò chiaramente l’intenzione di credere nel progetto, tentando anche la carta Sanremo che la cantautrice onorerà  alla grande presentando la morbida ballata “Quello che sento” (in cui è innegabile riscontrare una discendenza stilistica con la folk singer Tracy Chapman), con la quale si qualifica all’edizione delle Nuove Proposte nel 1996.

Con la già  citata “Amore di plastica” e un look decisamente più accattivante (capello corto sbarazzino e attitudine rock), la Consoli si seppe distinguere sul palco dell’Ariston nonostante una posizione finale in gara un po’ defilata.

E’ l’anticamera per la pubblicazione del disco che esce in quegli stessi giorni e che conferma una convivenza pacifica di due anime, una pop e cantautorale, un’altra maggiormente rock, seppur quest’ultima verrà  sviluppata di più nel celebre secondo album “Confusa e felice”.

Quasi tutte le canzoni sono partorite dalla sua mente e dal suo cuore, eccezion fatta per sporadici contributi del già  citato Venuti (che, al di là  della title track, interviene anche ne “La semplicità “, invero a mio avviso il brano più debole del disco) e di Kaballà  (altro famoso artista suo corregionale) che invece partecipa alla scrittura della dilatata “Fino a quando” posta in chiusura di scaletta, e della più nervosa “Non ti ho mai chiesto”, in cui mette mano anche lo stesso Virlinzi.

In ogni caso i brani assumono toni autobiografici e trattano d’amore, dandoci una vivida immagine della sua autrice.

La Carmen che emerge con silenziosa forza da episodi come la sognante “Questa notte una lucciola illumina la mia finestra” (pubblicata anch’essa come singolo), la precaria “Posso essere felice”, l’intensa “Sulla mia pelle” o la folkeggiante “La stonato” (dal bizzarro testo) sembra alla ricerca di sicurezze, di punti di riferimento per una strada ancora tutta da percorrere ma che si preannuncia all’insegna della purezza e dell’autenticità .

E’un’artista chiaramente in divenire, le cui potenzialità  tuttavia a un orecchio attento paiono già  evidenti.

Si percepisce ad esempio come il lato rock in questo debutto sia presente ma tenuto sostanzialmente a bada, così che brani come “Vorrei dire” (col suo lapidario “voglio un cuore cane bastardo”) e la più esplicita “Lingua a sonagli” quasi stridono nel complesso ma capiremo presto quanto invece questa parte irriverente e impertinente (per parafrasare un brano manifesto che sarebbe nato anni dopo) sia connaturata in lei, tanto da farla assurgere a nuova madrina del rock italiano, da seguire ed emulare.

La Consoli però non sarà  così facile da eguagliare per le aspiranti rocker nostrane, perchè quel talento che in un disco come “Due parole” appare grezzo e solo promettente, uscirà  invece in modo copioso e fragoroso sin dalle imminenti pubblicazioni successive.

Oltretutto, seppur baciata nel suo periodo di massima esposizione da un fulgido successo di pubblico, Carmen Consoli è riuscita a consolidare il suo culto con lavori via via sempre più ricercati, sia per i testi spesso e volentieri narrativi oltre che esistenziali e romantici, che per musiche rivestite di arrangiamenti che hanno saputo esulare dal contesto puramente pop e rock degli inizi, sfociando nella miglior canzone d’autore.

Una grande artista che, avendo diradato negli anni le uscite discografiche e le sue apparizioni live, comincia davvero a mancarci.

Data di pubblicazione: 20 febbraio 1996
Tracce:  12
Lunghezza:  41:37
Etichetta: Cyclope Records/Polydor
Produttore: Francesco Virlinzi, Allan Goldberg

Tracklist:
1. Amore di plastica
2. Questa notte una lucciola illumina la mia finestra
3. Sulla mia pelle
4. Posso essere felice
5. Lingua a sonagli
6. Non ti ho mai chiesto
7. Vorrei dire
8. La stonato
9. Nell’apparenza
10. La semplicità 
11. Quello che sento
12. Fino a quando