Del disco di Avarello abbiamo parlato in uno dei nostri ultimi bollettini del venerdì; Peppe (lasciatemi chiamare un amico come merita, nel modo più informale, genuino e caciarone possibile) è uno di quei cantautori che non ti chiede di essere ascoltato perchè sa di non averne bisogno: dietro il sardonico sorriso dell’attendista per natura, Avarello nasconde un universo personale fatto di domande caustiche e risposte che annebbiano, e che ammaliano anche il più ritroso degli ascoltatori. Un bottino da non poco, per un ragazzo del ’97.

Eppure, la forza dell’intellettuale sta nel trarre giovamento dal dubbio, e nel vedere la buca sul percorso come uno spazio da riempire e non come un vuoto in cui arenarsi. E allora, ad ogni inciampo Avarello scende dalla bicicletta e scrive una canzone, per far nascere un fiore in mezzo all’asfalto dell’instabilità : il risultato, è un tragitto in sette tappe in ognuna delle quali Peppe ha fatto crescere un fiore, per confermare che dai diamanti non nasca nulla ma dall’urgenza e dalla sincerità  possono nascere forme di bellezza uniche e rare.

Come le sette tracce di “Mentre ballo mi annoio“, che solo per il titolo che porta è un disco che pretende di essere ascoltato. E se non lo farete, peggio per voi. Intanto, fatevi ingolosire dall’intervista che Avarello ha deciso di rilasciare ai nostri microfoni virtuali.

Avarello, finalmente il disco. In realtà  abbiamo aspettato anche poco, il tuo esordio è datato solo settembre 2020. Ci racconti un po’ la genesi e il travaglio di “Mentre ballo mi annoio”?
Ebbene sì, finalmente eccolo. Questo disco è nato parecchio tempo fa, tutto è partito con “Indigestione” (non ne sono sicuro, ma si parla del 2017: ho voluto inserirlo a tutti i costi proprio per dare una sorta di linearità  temporale) e in ordine è nato “Franco”, “Le cento cose” e il resto dei brani che sentirete. Ci sono un sacco di altri pezzi che ho deciso di scartare per vari motivi, non so se mai li ascolterete. E’ un album abbastanza travagliato non per i brani in sè, ma perchè ho impiegato parecchio tempo a superare certe paure: nonostante sia sempre stato un tipo che a nudo ci si mette facilmente, ammetto di aver fatto fatica ad accettare questo mio lato pessimista; avrei preferito, non so, fare un album reggaeton (risate). Sono il peggior critico di me stesso.

Già  il titolo, tra l’altro, parla da sè; ma la domanda vien spontanea, e confidiamo tu possa coglierne il senso più allargato, esteso al significato di un disco complesso e sfaccettato: perchè, se ti annoi, balli lo stesso?
Ballo lo stesso sì, magari male, magari sembrerò più goffo, muoverò le braccia totalmente a caso, per non far capire niente, ma continuo perchè spero ancora che magari a ‘na certa il DJ passa il brano bellissimo e lì mi scateno cazzo, il panico faccio…

Cos’è la noia, per Avarello? C’è un po’ di Moravia, in te?
Non è necessariamente qualcosa di brutto. Cerco di vederla come motore delle mie idee, la voglia di cercare quella situazione che mi tenga attivo e vitale, per la mia sete di stimoli; in questo periodo sono super travolto dalla noia, da routine che non si avvicinano minimamente alla mia indole. E’ una cosa che non riesco a sopportare, e che sta durando troppo tempo. Mi indispone l’esistenza. Diventa così straziante a volte che vorrei sbattere la testa al muro fino a spappolarmi il cervello. Riconosco che ne ho bisogno, il problema non è la noia, ma tutto il resto che è un inferno. Vedo del positivo anche in certe mie paranoie! Oziare è importante.”Sfrutto la noia oggi per annoiarmi di meno domani”. Che quando mi annoio, nella mia testa parte un tumulto di pensieri, col corpo sono presente ma la testa non c’è.

Il disco sembra sviluppare un’idea che si snoda su sette angolazioni diverse, come un prisma di rifrazione: fasci diversi di luce che tagliano il buio in modo differente, ma partendo da pochi concetti che forse trovano il proprio manifesto proprio in “Preferirei rallentare”. Cosa ti ha fatto scoprire, scrivere “Mentre ballo mi annoio”?
Cosa mi ha fatto scoprire”… Tutt’ora questa frase un po’ è destabilizzante, da una parte mi intenerisce ma al tempo stesso mi fa ridere un sacco, ma quanto mi fa ridere, pensare a sto tipo che non ci vuole stare là  ma intanto continua a ballare, è troppo buffo. E penso che siamo un po’ tutti cosi. Boh, che tocca fà , ‘sto DJ primo o poi metterà  ‘na base diversa. C’è chi invece ne prenderà  coscienza e per lenire la cosa metterà  un paio di cuffie, e fanculo il DJ.

Parliamo di “Franco”. Chi è “Franco”, e quanto ti sei sentito “Franco” nella tua vita?
“Franco”, che prima tra l’altro si chiamava “Marco”, ma dato che mi veniva in mente “La solitudine” di Laura Pausini ho deciso di cambiarne il titolo sotto suggerimento di un amico che aveva ascoltato il pezzo. Franco è un tizio X che mi sono immaginato camminare sotto la pioggia, ‘sto ragazzo che tra una sbronza e l’altra si perde tra le incertezze della sua generazione, passeggia e pensa, cercando di alleviare queste paure ricordando a sè stesso di come tutto in questa vita sia un soffio, sia vano, di quanto tutto quello che ci propinano sia solo apparentemente bello e positivo; Franco dice a sè stesso che capisce che essere soli mette paura, perchè si rischia che tutto finisca così per caso, ritrovandoci senza volerlo in un letto di ospedale. Sì, ho fatto schiattare Franco. Ovviamente mi sono sentito Franco.

Quali sono le cose importanti dell’Universo Personale di Avarello?
Ci stanno sicuramente i miei amici, sono legato profondamente a loro. Posso ritenermi fortunato da questo punto di vista, son stato sempre circondato da belle persone.

“Tutto è vano”, o no?
Quando ho scritto quel pezzo, avevo in mente “Vanità  di vanità ” di Angelo Branduardi. La cantavo da bambino dopo aver visto il film “State buoni se potete“.
Vai cercando qua, vai cercando la,
ma quando la morte di coglierà 
che ti resterà  delle tue voglie?
Vanità  di vanità “.

Ciao Avarello, è stato bellissimo. Dacci un motivo giusto per ascoltare “Mentre ballo mi annoio”.
Dai, ma come fai a non essere curioso dopo un titolo del genere?

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