E’ un cambio importante quello attuato dai Teenage Wrist e non possiamo nascondere che forse il tutto ha preso questa piega per l’abbandono (a fine 2019) del cantante Kamtin Mohager. La band che ci aveva colpito e lasciato senza parole con l’esordio “Chrome Neon Jesus”, quell’oscurità , quella rabbia, quel nichilismo e quelle pulsioni grunge-shoegaze non ci sono più.

Rimaniamo (in parte) negli anni ’90 anche con “Earth Is A Black Hole”, ma tutto è (volutamente, sia chiaro) più ammorbidito, levigato e, ahinoi, omologato. Non è tanto la speranza che fa capolino nei testi, quella c’è, si nota e non da affatto fastidio (anzi, ben venga un raggio di sole in mezzo a una contingenza così buia), quanto l’approccio sonoro che guarda a gente come Jimmy Eat World o Third Eye Blind nelle loro espressioni più “tenere”, con l’occhio attento al ritornello vincente e a suoni che non trasudano più sporcizia e angoscia. Se ci mettessimo a fare un confronto, beh, c’è poco da fare, il primo disco è un gradino superiore: in questo lavoro troviamo un pizzico di power-pop, l’emo che guarda alla presa radiofonica, i momenti morbidi che si fanno a tratti più rumorosi (con gli spigoli sempre piuttosto arrotondati) ma guardano sempre alle arene, chitarre tenute sapientemente a bada…insomma non c’è poi molto di diverso da molte altre band “made in USA”.

Viene ad annacquarsi quella personalità  prepotente che emergeva nel primo disco e la cosa ci dispiace non poco.