Diventa arduo non collegare Edie Brickell con il successo commerciale del 1988 “What I Am”, tratta dal primo album “Shooting Rubberbands at the Stars” suonato insieme alla sua storica band texana dei New Bohemians con la quale, oggi, pubblica questo davvero sorprendente “Hunter and the Dog Star”, quinto album che racchiude le consuete sonorità  mescolando differenti dosi di ottimo pop con le opportune e ricche derivazioni folk, funk e soul.

Registrato nel Arlyn Studios di Austin con la regia del produttore Kyle Crusham (Ben Harper, Ryan Bingham), la band statunitense composta, oltre che dalla Brickell, anche da Kenny Withrow (chitarre), John Bush (percussioni)   Brandon Aly (batteria) e Brad Houser (basso), ha messo insieme un ottimo full-length che racchiude quaranta minuti spalmati su undici poliedrici episodi capaci di stupire per quanto riusciti e raffinati, sin dalla vivace e pimpante opener “Sleeve”.

A tre anni da “Rocket” del 2018 il quale, a dire il vero, non mi ha entusiasmato più di tanto, il nuovo lavoro probabilmente potrebbe essere accostato al loro sophomore del lontano 1990 “Ghost Of A Dog”. La voce di Edie è davvero in gran forma, trascinante e magnetica, per niente stanca anzi, forse addirittura più grintosa e solida che mai e, complice la fisiologica maturità , proietta sonorità  variopinte che si districano ora in una sorta di spoken word funky con un refrain irresistibile in “Don’t Get In The Bed Dirty”, ora nel soft country di “Rough Beginnings” ovvero in quello più “equestre” ed energico di “Horse’s Mouth” – con le tastiere da saloon nel mezzo ad assoli di chitarra – fino ad arrivare nei territori “poppeggianti” di “I Don’t Know” e in quelli supportati dai synth nella contagiosa “Stubborn Love”.

Che la Brickell si sia divertita nel realizzare questo nuovo disco è fuori da ogni dubbio, in quanto da ogni singola traccia viene fuori la sua carismatica personalità  che attraverso le sue caratteristiche corde vocali tramuta in suoni e parole – con i testi della cantautrice sempre attuali ed accattivanti – sia quando c’è da piazzare alcuni virtuosismi come nello scioglilingua di “Tripwire”, giocoso pezzo nineties che spezza, dunque, l’atmosfera anni ’80 e che fa da contraltare alla coppia “I Found You” e “Miracles”, con la prima fluttuante in ambientazioni cupe e psichedeliche laddove la seconda, invece, affascina e seduce per le sue note morbide e delicate; chiudono l’opera i falsetti di Edie nella catchy “My Power” preceduti dal minuto e mezzo della strumentale “Evidence”.

Insomma, un grande, ricco e graditissimo ritorno per Edie Brickell e i suoi New Bohemians.

Photo credit: Edie Brickell & The new Bohemians press