I Flyying Colours da Melbourne (da non confondersi con i Flying Colors, supergruppo prog formatosi un paio di lustri fa) si ispirano esplicitamente, come da loro stessi dichiarato, alla scena psych/noise-pop di inizio anni Novanta, cercando di espandere quel gusto sonoro con un sentire moderno che comunque affondi pienamente in quel ben noto magma di feedback agrodolci, il quale ha reso il genere shoegaze uno dei più longevi e riattualizzati degli ultimi anni, sebbene siano poche le band davvero popolari in quell’ambito, a livello internazionale.

Questo nuovo lavoro, che fa seguito ad un primo Lp (il più che valido “Mindfullness”, del 2016) e qualche Ep, si compone di 8 suadenti tracce, per poco più di mezzora di malinconia fissascarpe di fine estate, tra invocazioni di una terrena solarità  e stordenti brezze soporifere, in una trasognata sequela di cavalcate che spaziano da avvolgenti note di calore/colore ad altre più fresche.
Prevale comunque un’idea di controllo e di grazia salvifica su una decadenza psych comunque presente, in un impasto sonico che con termini più strettamente giornalistici potremmo definire come un saporito viaggio fatto qui e là  di tappe kraut, scorciatoie dreamy e approdi di chitarrismo molto novantiano.

Nella prima parte dalla scaletta, dal manifesto vitale, a tratti un po’ naif, di “Goodtimes”, fino ai romantici sussurri wave di “It’s Real”, prevale un mood più luminoso, mentre col battito quasi motorik di “White Knuckles” si apre una sequenza di tracce più lisergiche, nelle quali allo zucchero noise-pop si sostituisce una certa rugginosità  nella grana sonora, e un piglio più accattivante e bohèmien.

“Fantasy Country” è consigliato soprattutto agli amanti del genere, ma è bene sottolineare come riesca a confermare lo stato di salute di un combo che, se non è il più originale dello shoegaze contemporaneo, è sicuramente uno dei più melodicamente dotati.