Anche se le nuove regole di un mondo che combatte il virus ci ha costretti agli arresti domiciliari, possiamo almeno coccolare i nostri sensi compiacendoci per l’uscita di nuovi ed interessanti album. E’ il caso del self-titled degli Antonioni, band di Seattle che abbiamo seguito molto attentamente in questi mesi, constatandone la crescita, sia di Sarah Pasillas che dei componenti della band che oltre alle competenza di musicisti dimostrano una grande sensibilità . Sì, sensibilità , perchè ogni canzone dell’album è come una piccola pianta delicata, che abbisogna di luce e acqua ma anche di cure e amore per poter crescere e darci fiori colorati e profumati. Cure e amore che si possono palpare ascoltando con attenzione questo album. “Mary Bell” è il brano che ritengo un capolavoro, lo metterò in una ipotetica lista dei miei brani preferiti, dovessi creare questa playlist anche fra vent’anni…

La chitarra elettrica suonata da Austin Dean scorazza, muovendosi liberamente lungo il brano, come una risposta a un nostro desiderio: sembra messa in quei passaggi per soddisfare un nostro bisogno, quello di raggiungere una forma qualsiasi di estasi! La versione acustica di questo brano, non contenuta nell’album ma assolutamente da ascoltare, dimostra che “Mary Bell” (nonostante porti il nome di una ragazzina di 11 anni passata alle cronache per un fatto tragico accaduto nella città  di Newcastle in Inghilterra nel 1968) è una di quelle canzoni che si trovano nell’etere da sempre ma che ha avuto bisogno dell’intuizione di Sarah per prendere vita.

Ascolto tutti i brani e mi rendo conto che anche le altre piantine sono cresciute e  hanno fiori dai colori fantastici e profumi ubriacanti. “Malcomer” con l’incredibile ponte che ci butta nello splendido ritornello “gentlemen can act out totally torn in two, totally torn in two..“.
“Shiver” con l’intro di chitarre che forse Johnny Marr ai tempi dei gloriosi poteva pescare.
L’incedere malinconico di “Puck” con il gioco batteria e basso sulle note di una chitarra che si crede un’arpa mentre “Mouth Breather” apre l’album con una varietà  di suoni, ritmi e melodie da costringerci a rincorrere una canzone che non riusciamo a rinchiudere in   un recinto e sentirla mai del tutto nostra.

La seconda parte del disco, le ultime cinque canzoni, sono tutte inedite. “They Never Greatly Flew” soave e delicata. “Strange 2 Them” mite e giocata su note di tastiera, arpeggi e stacchi. “Please Make This” è un viaggio, un sogno con la voce di Sarah che si incarna in varie anime, un basso sensuale e un sax nel finale. “Nothing in the Dark” sprigiona e scatena la chitarra nell’unico vero solo dell’album. La dolcissima “Bramble” è una gentile carezza che ci accompagna in uno spazio incantato.

Gli Antonioni debuttano con un grande album. Nient’altro da aggiungere.

Credit photo: John Puschock