Siamo arrivati a questo: celebrare i vent’anni dall’uscita di “All Killer No Filler” dei Sum 41. La nostra fame di anniversari a cifra tonda è davvero implacabile. è chiaro che non stiamo parlando di un capolavoro della storia della musica. Avete però idea di quanti trentenni abbiano iniziato a seguire il rock proprio grazie a questo album? Se prendiamo come riferimento le copie vendute a livello globale, dovremmo avvicinarci a una cifra vicina ai quattro milioni. E non scordiamoci di tutti quegli adolescenti che, abituati a trascorrere le giornate davanti a MTV, non spesero una lira per rinfoltire i portafogli dei quattro canadesi ma comunque ne apprezzarono lo spirito festoso e leggero immortalato nei videoclip di “Fat Lip”, “In Too Deep” e “Motivation”.

Il look impertinente a metà  strada tra skater e teppistelli del liceo; i capelli, affilati come lame, ricoperti di litri e litri di gel; le tracolle allentate a dismisura in modo tale da avere il manico degli strumenti all’altezza delle ginocchia ““ scomodo quanto vi pare, ma fondamentale per dare spettacolo in concerto. I Sum 41, nel 2001 poco più che ragazzini, avevano tutte le carte in regola per conquistare un universo pop punk ormai da tempo fagocitato dalle spietate logiche del mainstream e delle major discografiche, per le quali già  all’epoca la sostanza aveva un’importanza nettamente inferiore rispetto alle apparenze.

La band dell’Ontario, potendo contare su un’invidiabile sfacciataggine, riuscì effettivamente a ritagliarsi un ruolo da assoluta protagonista del genere, arrivando a mettere in ombra ““ anche se solo per pochi mesi ““ veri e propri “giganti” come blink-182 e The Offspring. Un piccolo miracolo raggiunto però non tanto puntando sull’innegabile forza dell’immagine, quanto sulla ricchezza di una formula musicale stranamente originale.

Con il sostegno di un produttore geniale e vergognosamente sottovalutato ““ il compianto Jerry Finn ““ i Sum 41 di “All Killer No Filler” confezionarono il sound ideale per i giovanissimi di inizio millennio: un mix armonioso e ben ragionato che unisce l’orecchiabilità  del pop all’energia dell’hardcore melodico (“Never Wake Up”, “Summer”), senza dimenticarsi della “maleducazione” tipica del crossover (le strofe rappate di “Fat Lip”) e di un gusto per i tecnicismi frutto di una mai celata passione per l’hard rock (i riff e l’assolo di Dave Baksh in “In Too Deep”) e soprattutto per il metal (“Nothing On My Back”, “Crazy Amanda Bunkface” e naturalmente la brevissima “Pain For Pleasure”, uno scherzoso ma non banale omaggio a Iron Maiden e Judas Priest).

Tanti, forse persino troppi elementi: in seguito Deryck Whibley e compagni non sarebbero più riusciti a dosarli in maniera così efficace, alternando lavori convincenti ad altri decisamente mediocri. La svolta heavy degli ultimi anni, modellata sull’esempio dell’ottimo “Chuck” del 2004, ha permesso loro di non sprofondare nel dimenticatoio. Noi però oggi vogliamo tornare a sentirci dei ragazzetti cresciuti a pane e pop punk; e allora ricordiamoceli come erano al debutto, quando i filler (ovvero i riempitivi) non sapevano neanche cosa fossero e sfornavano esclusivamente brani killer.

Data di pubblicazione:  8 maggio 2001
Tracce: 13
Lunghezza: 32:14
Etichetta: Island
Produttore: Jerry Finn

Tracklist:
1. Introduction To Destruction
2. Nothing On My Back
3. Never Wake Up
4. Fat Lip
5. Rhythms
6. Motivation
7. In Too Deep
8. Summer
9. Handle This
10. Crazy Amanda Bunkface
11. All She’s Got
12. Heart Attack
13. Pain For Pleasure