Vent’anni fa veniva pubblicato il terzo album dei Weezer, quello che doveva a conti fatti riportare in auge il nome della band di Rivers Cuomo dopo le deludenti prestazioni di “Pinkerton”.

Che poi quest’ultimo fosse tutt’altro che un brutto album (anzi, credo che definirlo a posteriori il loro migliore in assoluto sia molto più che un parere esclusivamente personale) è un altro discorso ma sta di fatto che rispetto al brillantissimo esordio omonimo (poi passato ai posteri con l’appellativo di “The Blue Album”), a livello commerciale si trattò di un autentico flop che andò a ripercuotersi sulla salute dei Weezer stessi, i quali sentirono l’esigenza di staccare per un po’ la spina.

Quando tornarono a pensare a un nuovo lavoro qualcosa era cambiato, sin dalla line-up che perse definitivamente un membro storico e co-fondatore, il bassista Mike Sharp (poi alla guida dei The Rentals) – sostituito per il tempo di questo disco dal compianto Mikey Welsh – ma soprattutto nell’umore generale che permeava quelle nuove composizioni.

Pure l’album datato 2001 non aveva titolo, quasi a suggellare un legame artistico con il fortunato debutto e ad anch’esso fu poi affibbiato un secondo nome: “The Green Album”, dallo sfondo verde in cui sono immortalati i quattro musicisti (l’usanza verrà  poi adottata talvolta anche in seguito, vista la tendenza del gruppo alle copertine monocromatiche); le similitudini non terminano qui, dal momento che anche a livello di sonorità  e atmosfere i due album sembrano in strettissima parentela.

Torna quindi il pop rock fresco e vigoroso, coinvolgente e (mi si passi il termine) leggero, con i turbamenti e le ansie manifestate nel disco precedente lasciati ormai alle spalle.

Il mood è presto delineato nell’opening track, una “Don’t Let Go” dalla melodia trascinante che, invece del ritornello che ci aspettavamo a quel punto fragoroso, si materializza in efficaci coretti che richiamano un po’ la celebre “Buddy Holly”, il loro vecchio singolo divenuto un istant classic.

Non è da meno in quanto a immediatezza la successiva “Photograph” che presenta oltretutto gli stessi stilemi pop racchiusi in graffianti interventi elettrici (paiono assai complementari in tal senso Cuomo, a cui spettano pure gli episodici assoli e il chitarrista Brian Bell), mentre gli scenari mutano d’improvviso con la minacciosa e ruggente “Hash Pipe”, scelta come singolo di lancio.

Famoso anche per il video che vede protagonisti due lottatori di sumo, il brano tratta in realtà  un tema scomodo, narrato dal punto di vista di un travestito che si prostituiva: ispirato a un fatto di cronaca noto negli States, il “miracolo” dei Weezer è stato nel rendere accessibile il tutto mediante un sound che pur concedendo poco alla melodia riusciva invero a coinvolgere e catturare l’ascoltatore.

Di tutt’altro tenore l’episodio seguente, a detta di chi scrive addirittura il migliore del loro intero repertorio!

“Island in the Sun” è una canzone pop nell’accezione più pura del termine, con le sue reminiscenze sixties, l’atmosfera calda e rilassata, seppur velata di malinconia, e un testo semplice, diretto ma in cui veniva facile riconoscersi.   Per questo bellissimo singolo furono girati due video, simpatico e allegro il primo (diretto da Marcos Siega, lo stesso di “Hash Pipe”), assolutamente memorabile il secondo, con Cuomo, Bell e il batterista Patrick Wilson attorniati da scimmie, cuccioli di leoni, giraffe e altri splendidi animali, in un contesto di amore e libertà .

L’apice viene raggiunto qui, ma pure i restanti sei pezzi del disco si fanno ascoltare che è un piacere, pur aggiungendo poco o nulla alla tavolozza dei colori fin lì sapientemente utilizzata.

“Crab” sceglie di mantenersi in una forma lieve ma ammaliante, mentre “Knock-down Drag-out” è una mid-tempo orecchiabile con un inframezzo chitarristico avvolgente; “Smile” e “Simple Pages” accelerano alla bisogna ma non escono dal seminato pop rock che contraddistingue l’opera.

Ci si avvia così alla fine con altri due buoni brani, una “Glorious Day” dai toni innodici che non avrei visto male come singolo e la disarmante dichiarazione di “O Girlfriend”.

L’album verde riporterà , come auspicato, in alto le quotazioni dei Weezer che ottennero, proprio grazie ad esso, il loro più grande successo commerciale – almeno fino a quel momento – raggiungendo la top ten della classifica di Billboard e molteplici consensi anche in Europa.

Non solo, riuscirono in qualche modo a ridefinire certi confini musicali, tanto che nel loro caso non si parlerà  mai esclusivamente di pop o di punk, di college rock o di qualsivoglia genere specifico, ma di uno stile assolutamente unico e riconoscibile: il Weezer sound, scusate se è poco!

Data di pubblicazione: 15 maggio 2001
Tracce: 10
Lunghezza: 28:34
Etichetta: Geffen Records
Produttore: Ric Ocasek

Tracklist
1. Don’t Let Go
2. Photograph
3. Hash Pipe
4. Island in the Sun
5. Crab
6. Knock-down Drag-out
7. Smile
8. Simple Pages
9. Glorious Day
10. O Girlfriend