Quando Peter Gabriel pubblicò “So” immagino si aspettasse di aver prodotto un album che avrebbe avuto un grande successo, forse non così grande come in effetti fu, ma sicuramente sia lui che i suoi collaboratori sapevano di avere in mano un insieme di brani che avevano la giusta composizione di tecnica e struttura melodica capace di raggiungere il grande pubblico.

Con questo album Peter Gabriel si trasformerà  da artista di success,o ma ancora con seguito di fan particolarmente attento alle sue produzioni, in un artista mainstream, con un tour che ora richiamava un pubblico eterogeneo e tanti nuovi ascoltatori che fino a quel momento lo avevano ignorato o quasi.

All’epoca l’album spiazzò i suoi estimatori della prima ora. Si arrivava dal suo quarto ottimo album senza titolo che aveva confermato la sua aura di artista intellettuale e che lo poneva un gradino sopra a tutti gli altri, un artista che io vivevo in una specie di parallelismo artistico con Bowie, per ambedue l’uscita di un nuovo lavoro era un evento di cui si parlava e scriveva sempre a lungo.

“So” diventerà  per Peter il suo “Let’s Dance”, un successo planetario forse meno cercato di quanto avesse fatto Bowie nei suoi lavori, ma che scalerà  le classifiche di tutto il mondo.

“Sledgehammer”, accompagnato da un video in stop motion per l’epoca rivoluzionario, andò immediatamente in rotazione continua su MTV e il pezzo con il suo andamento funky mediato dai sintetizzatori, scalerà  le classifiche e arriverà  in top ten dappertutto compreso l’Italia.

I riferimenti a pezzi soul anni 60 sono evidenti, lo stesso Peter Gabriel si raccontava fan di molti artisti soul e fantasticava da tempo di registrare un album di cover a tema, e la costruzione giocosa del brano ingannò molti fan che la interpretarono come la volontà  dell’artista di voler ottenere la realizzazione di un grande successo.

In realtà  non era così. Peter Gabriel ha sempre incarnato la figura del vero artista e alimentato un immaginario che vedeva la sua figura al di fuori del semplice show business di massa, con “So” si rischiava di cadere nella trappola emozionale che spingeva i fan della prima ora a non amarlo, un po’ come era successo per il già  citato “Let’s Dance” di Bowie o come a me successe per “Disintegration” dei Cure, incondizionatamente osannato da tutti.

In effetti i rispettivi album doneranno a tutti e tre gli artisti un grande successo anche mainstream ma li esporrà  anche ad un duraturo periodo di crisi artistica, per Bowie prenderà  tutti gli anni ’80 e album non alla sua altezza, per i Cure ci sarà  un improvviso e quasi definitivo calo di creatività  e per Peter Gabriel un lungo periodo di fermo, “Us” uscirà  sei anni dopo quando ormai l’effetto del successo di “So” si era praticamente annullato.

Come racconterà  lo stesso Gabriel “Sledgehammer” nacque per caso quando ormai l’album era praticamente finito e lui decise di portare avanti un idea improvvisa che aveva avuto.

Con la collaborazione del grande bassista Tony Levin, che donerà  al pezzo un eccezionale giro di basso e l’aggiunta della batteria in poche ore il pezzo, nato come un gioco, era praticamente pronto.

Se questo singolo sarà  un grande traino alle vendite dell’album gli altri pezzi scelti saranno anch’essi apprezzatissimi, “Don’t Give Up” con la partecipazione della sua amica Kate Bush bisserà  il successo di “Sledgehammer” e sarà  un brano che verrà  negli anni esaltato da diverse nuove interpretazioni.

I pezzi sono tutti molto interessanti a partire da “Red Rain”, altro singolo, con la batteria di Stewart Copeland ed uno dei tanti testi meravigliosi di Peter Gabriel, ma anche “In Your Eyes” con la partecipazione di Youssou N’Dour e Jim Kerr, e “This Is the Picture (Excellent Birds)” scritta con la grandissima Laurie Anderson.

“So” forse non sarà  stato così intenzionalmente costruito per diventare un grande successo commerciale ma sicuramente i responsabili della casa discografica fiuteranno le potenzialità  dell’album e spingeranno Peter Gabriel a dare un titolo all’album e a presentarlo con una copertina che “non allontanasse il pubblico femminile“.

Sarà  scelta una foto che presenta un suo più rassicurante ritratto fatto da Trevor Key, famoso per aver realizzato la copertina di “Tubular Bells” di Mike Oldfield e aver lavorato negli anni 80 con i principali artisti e band del periodo, Sex Pistols, Joy Division, New Order, Orchestral Maneuvers in the Dark, Ultravox, Phil Collins.

Come già  detto precedentemente Peter Gabriel non approfitterà  del successo di “So” e pubblicherà  un nuovo album “Us” solo nel 1992, in questo periodo non resterà  però con le mani in mano realizzando nel 1989 un altro capolavoro, “Passion: Music for The Last Temptation of Christ”, ottima colonna sonora del controverso film di Martin Scorsese “L’ultima tentazione di Cristo”.

Scegliere tra i vari album di Peter Gabriel quale sia il migliore non è cosa semplice, “So” non è il mio preferito ma resta a distanza di anni un grande e spettacolare ascolto.

Data di pubblicazione:19 maggio 1986
Tracce: 9
Lunghezza: 46:25
Etichetta: Charisma
Produttore: Peter Gabriel, Daniel Lanois

Tracklist
1. Red Rain
2. Sledgehammer
3. Don’t Give Up (feat. Kate Bush)
4. That Voice Again
5. In Your Eyes
6. Mercy Street
7. Big Time
8. We Do What We’re Told (Milgram’s 37)
9. This Is the Picture (Excellent Birds)