Dieci brani nati tra Ferrara, Milano, New York e una Panda che esce dalla tempesta a fari accesi con molta strada ancora davanti, ammaccata ma ancora tutta d’un pezzo tra neri nuvoloni che si sollevano, in una foto inedita di Luca Ghirri scelta come immagine di copertina. Si presenta così il nuovo album di Vasco Brondi, primo in studio a suo nome dopo aver spento Le Luci Della Centrale Elettrica.

Un disco di storie e passioni ispirato al titolo dell’omonimo film di Andrzej Wajda, anticipato da due singoli che rappresentano i poli opposti del “Paesaggio Dopo La Battaglia”. “Chitarra Nera” spoken word ribelle con la sua devastante storia di musica, amicizia, carcere, politica. “Ci Abbracciamo” un richiamo quasi pop per essere umani persi e pieni di dubbi che dimostra ancora una volta come e quanto Vasco Brondi sia in grado di raccontare momenti partendo da cose semplicissime eppure importanti. In mezzo, come ha detto proprio lui, c’è tutto il resto.

I “26000 Giorni” che ci spettano sul pianeta, la malinconia e gli addii di una “Città  Aperta” che non è Roma ma Parigi, il familiare (Bel)paese ritratto nella canzone che dà  il titolo all’album: “Italia benedetta / Italia maledetta / Italia solitaria” che “fa la fila in tangenziale alle sette di mattina“. Un testo di cui De Gregori andrebbe orgoglioso. La battaglia dei sentimenti in “Mezza Nuda” piccola ode a Milano e alle illusioni, la dolcezza impossibile di “Due Animali In Una Stanza” che descrive con delicatezza le prigioni del cuore evocate anche nell’intensità  della splendida “Luna Crescente”.

“Paesaggio Dopo La Battaglia” pur essendo un album solista non è stato realizzato in solitaria. Tanti i musicisti coinvolti: Rodrigo D’Erasmo, Enrico Gabrielli, Alessandro “Asso” Stefana, Gabriele Lazzarotti, Mauro Refosco, Paul Frazier e Imani Coppola, Mirco e Moreno degli Extraliscio che in “Adriatico” creano una stranissima orchestra nostalgica, Taketo Gohara e Federico Dragogna alla produzione. Sintetizzatori, piano, cori accompagnano la voce che però resta sempre in primo piano, con una vulnerabilità  tipica dell’età  adulta quando le certezze si sfaldano e rimane forse solo la speranza.

Vasco Brondi ha creato dieci canzoni adatte ai nostri tempi fatti di piani saltati e lontananza, di sirene che corrono verso l’Ospedale del Mare lungo “Il Sentiero Degli Dei”. Dopo aver raccontato fughe precipitose ed eterni ritorni fa i conti con quel momento drammatico in cui scappare è impossibile, con il silenzio che precede e segue battaglie ormai inevitabili. Quel vuoto lo colma di parole sapienti, che trattano temi vari e complessi sempre con grande umanità , un filo di laica spiritualità  e una voglia di contatto fisico che non diventa mai sdolcinata.

Credit Foto: Valentina Sommariva