Nel 1981, prima che milioni e milioni di Clizie iniziassero a sognare di sposarlo, Simon Le Bon era un signor nessuno. Un semplice ragazzetto dell’Hertfordshire che, oltre alla passione per il teatro e la recitazione, coltivava un’altisonante ambizione: mettere su la band definitiva degli anni ’80 ““ ovvero, reinterpretando una sua celebre dichiarazione, il gruppo in grado di spazzare via una volta per tutte l’incubo nucleare. Un abisso di morte e distruzione sfiorato a più riprese nel corso dell’allora appena iniziata seconda guerra fredda.

Attenzione, però: Le Bon non aveva alcuna intenzione di infilare fiori nei cannoni, nè tantomeno di spargere messaggi di pace e amore a destra e a manca. No, il suo era un desiderio intriso di caustico cinismo: sfornare le hit che i giovani avrebbero dovuto ballare nel momento stesso dell’impatto della bomba atomica con il suolo. Un’idea strampalata ma non priva di fondamento considerando il fatto che, almeno con il loro primo album, i Duran Duran fecero proprio questo, dando vita a un’elegante ma ancora grezza commistione tra la dolcezza del pop nella variante synth, l’energia di una disco imbastardita dal rock e il piglio apocalittico tipico del post-punk.

Sia chiaro: nessuna catastrofe all’orizzonte, ma tanti timidi segnali di una fine incombente; quasi a voler infondere un pizzico di oscurità  a questo impasto eterogeneo ma compatto di stili e generi. Abituati come siamo a ricordarceli a bordo dello yacht del videoclip di “Rio”, o conciati come novelli Indiana Jones in quello di “Hungry Like The Wolf”, ci sembra impossibile pensare a una versione così gelida, seria e, a tratti, persino tenebrosa dei Fab Five.

Eppure, nelle nove tracce che compongono il debutto, i Duran Duran esplorano spesso il lato buio di una musica pop satura di atmosfere sì romantiche, ma anche fredde e tragiche; dal gusto mitteleuropeo, proprio come quelle che caratterizzano il David Bowie della cosiddetta trilogia berlinese. Un’influenza talmente evidente da essere quasi ingombrante, come ben dimostrano la semi-strumentale “Tel Aviv” (splendidi gli inserti d’orchestra dal sapor mediorientale) e le languide “To The Shore”, “Night Boat” e “Anyone Out There” ““ plumbee non solo nel suono ma anche nei testi alquanto criptici, incentrati su abbandono e solitudine.

I sintetizzatori di Nick Rhodes, anima elettronica del quintetto, regalano alle canzoni strati e strati di raffinatissime melodie ““ suadenti ma dal gusto glam, proprio come quelle create dai maestri Roxy Music ““ che si sposano alla perfezione con la voce potente ma confidenziale di un Simon Le Bon giovane e in ottima forma. Un crooner della new wave, impeccabile negli abiti e nelle acconciature (come i suoi compagni d’avventura, d’altro canto), che fa la sua porca figura nei momenti soft ma brilla ancor di più in quelli movimentati, dove il compito di tirare il carro passa nelle sapienti mani del batterista Roger Taylor e del bassista John Taylor.

Concentriamoci su quest’ultimo: all’uscita del disco, il 15 giugno 1981, non ha neppure compiuto ventuno anni ma è già  un prodigio delle quattro corde. Una macchina del groove ““ di lì a poco, anche un idolo per orde di allupatissime quattordicenni ““ che corre veloce sulle note delle grintosissime “Careless Memories”, “Sound Of Thunder” e “Friends Of Mine”.

A tenergli testa è la chitarra di Andy Taylor, il cui tocco elettrico innesca la carica rock delle prime due hit nella storia dei Duran Duran – patinate quanto vi pare a voi, ma estremamente accattivanti, funky e danzerecce: la micidiale “Planet Earth”, un mix aggressivo tra synth-pop e disco music, e l’arcinota “Girls On Film”, di cui ricordiamo con particolare piacere lo storico e censuratissimo video ““ concepito per i night club, e non per la nascente MTV – pieno di bellissime modelle seminude che, prese dalla foga di violente battaglie di cuscini, improbabili incontri di sumo e sudicie lotte nel fango, mostrano a più riprese capezzoli e natiche degne di nota.

Chissà  che aspetto avranno oggi, quelle attrici. Saranno riuscite a mantenersi toniche? O l’impietoso trascorrere del tempo avrà  fatto scempio dei loro corpi? Io voglio immaginarmele un po’ come questo disco: stagionato ma ancora stupendo.

Data di pubblicazione:  15 giugno 1981
Tracce: 9
Lunghezza: 39:42
Etichetta: EMI
Produttore: Colin Thurston

Tracklist:
1. Girls On Film
2. Planet Earth
3. Anyone Out There
4. To The Shore
5. Careless Memories
6. Night Boat
7. Sound Of Thunder
8. Friends Of Mine
9. Tel Aviv