Davvero sorprendente Art d’Ecco! Già , perchè oggi non è facile proporre questo glam-rock che non si nasconde affatto nel fare il verso ad uno degli intoccabili, ovvero David Bowie, almeno quello del periodo “Ziggy Stardust”. Ecco, è proprio il caso di dirlo, nello scorrere dei minuti di questo terzo lavoro, l’androgino artista canadese regala un ottimo glam, come se piovesse, e spesso le sue derive art-rock virano su angoli di sopraffino eighties dalle tinte pastello.

Pubblicato lo scorso 23 aprile, dopo tre anni del precedente “Trespasser”, il nuovo “In Standard Definition” arricchisce la discografia di Art d’Ecco con 12 tracce dall’irresistibile sound il quale vi farà  battere i piedi e scuotere le maniglie dell’amore, sin dall’inizio, con il potente synth-pop dell’apripista “Desires”, che si ripropone pressochè ovunque nel corso l’album dal quale è possibile, di fatto, estrapolare dodici hit, come nella bellissima “Nothing Ever Changes” – mia preferita e forse una delle  migliori del full-length – ovvero come nell’episodio di puro stampo vintage anni ’80 di “Good Looks” e che ritroviamo anche negli intermezzi strumentali di “Channel 7 (Pilot Season)” e “Channel 10 (Reruns)”.

Realizzato insieme all’esperto produttore Colin Stewart (Black Mountain, New Pornographers, Destroyer) nello studio The Hive, “In Standard Definition” tocca i temi della celebrità  e dell’ossessione della cultura pop attraverso il suo contagioso ed energico groove che si fa sempre più coinvolgente in brani di derivazione dancehall come in “Head Rush” e, soprattutto, nel massiccio basso giro di basso di “I Am The Dance Floor”.

Man mano che si procede con l’ascolto, ci si rende conto di essere di fronte ad un disco solare, divertente, dal piglio catchy ma anche sostanzialmente ricercato e spesso raffinato, come ad esempio nell’ariosa title track, il tutto condito con l’armoniosa voce in dote a d’Ecco che a volte davvero stupisce come nell’esaltante pop di “Bird Of Prey” o nel proto-punk del singolo “Tv God” oppure, ancora, nell’acustica chiusura affidata alla delicata “I Remember”.

“In Standard Definition” è un album che, sebbene segue un preciso fil rouge, riesce a raccontare una esperienza  musicale mescolando il glamour di matrice eighties con una sorta di art-rock contemporaneo.

Photo credit: Mike Pepperdine