La band australiana dei Quivers torna con un nuovo album “Golden Doubt” nel quale ripropongono il loro jangle pop scintillante nei suoni e malinconico nei testi, secondo una tradizione alla quale siamo ormai abbastanza abituati.

Per questo lavoro hanno chiamato alla produzione il connazionale  Matthew Redlich già  al lavoro con Holy Holy, Ainslie Wills, Husky, e il risultato è un album piacevole nel quale la melodia è protagonista.

Piacevole, si, ma spesso poco incisivo: i brani scivolano via senza grandi sussulti, riuscendo comunque a donare momenti frizzanti nella musica quanto, come già  accennavo, malinconici nei testi.

Paradossalmente i momenti più interessanti li ho trovati proprio nei pezzi in cui sembrano prendere strade diverse dal resto dell’album, come avviene per “You’re Not Always On My Mind” dove il basso è la linea principale e i cori si aggiungono in maniera precisa e puntuale. Questo, a mio avviso è il pezzo migliore del disco e potrebbe rappresentare il futuro della band.

Altri episodi interessanti non mancano come per esempio “Chinese Medicine”, leggera ed elegantemente appesa sui riff della chitarra o “Hold You Back” con un sorprendente andamento soul che spezza la dimensione jangle pop e attira subito l’attenzione dell’ascoltatore.

Il cantante e chitarrista Sam Nicholson ha una sorta di venerazione per Michael Stipe (si nota in certi passaggi vocali), gestisce bene tutto l’album, accompagnato anche vocalmente dagli altri componenti,  Holly Thomas alla batteria, Bella Quinlan al basso e   Michael Panton alla chitarra, riuscendo a costruire un atmosfera che ci riporta a storiche band australiane come quella dei The Go-Betweens.

“Golden Doubt” si chiude con la title track al pianoforte, nella quale troviamo una specie di invito a dimenticare il passato e godersi il presente, un carpe diem leggero leggero senza esagerare troppo.

I Quivers con questo nuovo album si confermano un ascolto divertente, che sembra essere ad un passo dal decollare e conquistarti pienamente senza però riuscirci in pieno: in alcuni episodi ci risulta pienamente convincente, in altri fin troppo ancorato a una dimensione da pop song senza pretese.

Resta comunque una band da tenere sotto osservazione e seguire ancora con attenzione, gli anni a seguire potrebbero donarci evoluzioni inaspettate.

Credit Foto: Carlos Cruz