Con alle spalle ben trent’anni di carriera, gli statunitensi “emo” A Fire Inside, o meglio noti con l’acronimo Afi,  hanno ben poco da dimostrare e, infatti, con questo “Bodies”, undicesimo lavoro sulla lunga distanza, il collettivo formato da Davey Havok, Jade Puget, Hunter Burgan e Adam Carson, affronta con ulteriore maturità  un nuovo percorso, poi nemmeno tanto nuovo, dove un tripudio di sonorità  vintage si mostrano in un elegante tracklist dal sapore eighties.

E dunque, pur mantenendo la loro peculiare vena goth-rock, la band di Ukiah ha deciso di varcare soglie vicine ad un sound più “poppy” ma di assoluta qualità , dove anche il synth-pop non lesina a scorrazzare tra le note torve di Depeche Mode memoria in “Back From The Flesh” e, a tratti, anche in “Death Of The Party”. Certo, l’antipasto è stato ricco in ragione del nutrito rilascio di singoli che hanno anticipato l’uscita di questo undicesima fatica e, quindi, fan e curiosi ben hanno potuto farsi una idea di cosa aspettarsi dal menu.

In realtà , c’è molto di più. Il disco scorre fluido nel suo breve minutaggio (trentasei minuti) a partire dal trittico di apertura formato dalle pelli incalzanti di Carson nella nostalgica “Twisted Tongues”, dal vertiginoso basso nell’adrenalinica “Far Too Near” che prosegue il suo groove nella deliziosa “Dulcerà­a”, brano magnetico – scritto insieme a Billy Corgan – dal refrain accattivante e catchy difficilmente dimenticabile, condito dalla perfetta voce di Davey Havok, sempre riconoscibile ed a fuoco.

Sebbene i richiami in questo lavoro appaiono cristallini, l’esperienza della band si fa sentire eccome regalando picchi “pop” come in “On Your Back”, seguita dal punk sintetico di “Escape From Los Angeles” che ritroviamo anche nella solenne “Begging For Trouble”, attraversata dal fiume di chitarre di Puget sul letto del solito efficace basso e, probabilmente, la più vicina al curriculum della band.

“Bodies” risulta essere un disco piacevole sin dal primo ascolto, sia quando ci si imbatte in note darkwave che in quelle post-punk ma dove ogni brano alla fine diventa un’esperienza da ricordare ed in alcuni momenti, come nel pop-rock di   “Looking Tragic” e della nostalgica “No Eyes”, una delle migliori del lotto a mio avviso, l’album prende una buona dose di vitalità  che finisce per risultare anche divertente, almeno fino alla conclusiva cupa ballata industrial “Tied To A Tree” che, sebbene dotata di una certa indiscutibile “sperimentale” profondità , finisce tuttavia per essere un esubero.

Difficile imbattersi in brutti album degli Afi, ed anche questo “Bodies”, seppur non guadagna il podio tra i migliori della lunga carriera della band californiana, di sicuro è un disco da ricordare.