Settimo album per Jakob Dylan e sodali, ben 9 anni dopo l’ultimo lavoro in gruppo.

I sentieri stilistici sono quelli consolidati, fatti di ballad senza tempo pensate con la chitarra acustica in braccio, come quelle che fecero le fortune dei ragazzi dagli esordi fino a “Breach“, passando per il loro disco all’unanimità  riconosciuto come migliore, quel “Bringing Down The Horse” annus domini 1996.

Stile, dicevamo: il sangue è Dylan, poco da fare. Ma anche il talento del figlio d’arte non sembra essersi perso, nonostante negli ultimi anni la produzione musicale si sia fatta desiderare e gli ultimi album in ordine cronologico siano stati ben lontani dalla memorabilia. In “Exit Wounds” si spazia dal roots al folk rock senza tempo, passando dal country e dall’americana più tradizionali con assoluta padronanza dei mezzi: la penna sa ancora scorrere ed emozionare, gli arrangiamenti e le melodie sono di livello, sia quando gli andamenti ritmici si fanno più intraprendenti (accattivante “Move The River”, grintosa “Who’s That Man Walking “‘Round My Garden”) che quando i giri sono tenuti volutamente ridotti (“Wrong End of The Spear”, la chiusura demandata a “The Daylight Between Us”).

E’ un lavoro semplice “Exit Wounds”, seppur non si lesini sull’immancabile corredo di chitarre elettriche che si dilatano negli assoli e di gustosi rintocchi di tasti, ma non ne risente assolutamente la qualità . E’ un album Wallflowers, ogni singolo episodio ce lo ricorda: e la peculiare voce di Jakob Dylan ,  poco da dire, invecchia come un ottimo vino in barrique. C’è poi anche l’amica Shelby Lynne che arricchisce con la propria di voce, intensa e vibrante quanto delicata, ben quattro pezzi (squisito il duetto con Jakob in “Darlin’ Hold On”, emozionante quello nel ritornello di “I’ll Let You Down (But Will Not Give You Up)”).

Fluido e dall’andatura sicura, spesso scolastico ma mai banale, elegante nella forma e curato nella sostanza, è soddisfacente il modo in cui questo “Exit Wounds” ci riconsegni una band in ottimo stato di forma, proprio quando – forse – ci stavamo colpevolmente dimenticando di loro.

Bravo Jakob, bravi The Wallflowers.