è rimasta in silenzio per ben dodici anni, Dot Allison. Un periodo di pausa straordinariamente lungo che le è servito per prendersi cura della propria famiglia, collezionare una serie di prestigiosissime collaborazioni (Pete Doherty, Paul Weller, l’ex Underworld Darren Emerson, Scott Walker“…) e trovare un nuovo equilibrio interiore tramite la scoperta di un rapporto più intimo e armonioso con la natura, protagonista incontrastata delle undici tracce di “Heart-Shaped Scars”.

Nei testi del quarto album solista della cantautrice edimburghese, in passato voce del trio trip hop One Dove, si rincorrono immagini che evocano il trascorrere delle stagioni, la ciclicità  della vita, la fertilità , i paesaggi idilliaci della Scozia e la flora caratteristica dell’estremo nord britannico. Visioni metaforiche attraverso le quali Dot Allison prova a trasmetterci pensieri e considerazioni sull’amore, sulla perdita e sui più basilari desideri umani ““ in primis quelli di unione, vicinanza e contatto, ancora fondamentali nonostante l’incubo pandemico e il degradarsi delle relazioni interpersonali.

Suoni pieni e confortanti – a tratti persino protettivi – per un disco dai toni così morbidi e leggeri da riuscire a sfiorare nuovi vertici di delicatezza. La svolta ambientalista passa anche dal ripudio delle proprie origini; nel folk etereo, fragile e dal gusto celtico di Allison, infatti, non c’è alcuno spazio per le antiche distrazioni elettroniche.

A fare da splendida cornice ai sussurri e alla voce soave dell’artista scozzese vi sono solo la chitarra acustica, gli archi, l’ukulele, il mellotron, il pianoforte e i field recordings. Una strumentazione essenziale per dar risalto ad atmosfere sognanti, autunnali e rarefatte. Un minimalismo folk capace di “accarezzare” e rassicurare l’ascoltatore che, se nella giusta predisposizione d’animo, può letteralmente affondare (nel senso più piacevole possibile del termine) in questa oretta scarsa di musica acustica ad altissima definizione.

L’estrema cura riservata agli arrangiamenti, alle sovraincisioni delle parti vocali e alla costruzione di raffinatissime armonie polifoniche non appesantisce in alcun modo le canzoni di “Heart-Shaped Scars”, cui bastano dei semplici arpeggi o una manciata di note dolcissime per regalare emozioni davvero molto forti. Un album di un’intensità  disarmante che, grazie alla bellezza sconvolgente e alle melodie celestiali di brani come “Long Exposure”, “Can You Hear Nature Sing?”, “Cue The Tears”, “Goodbye” e “One Love”, sa realmente toccare le corde del cuore. Le mie parole saranno pure svenevoli ma la musica genuina e “naturale” di Dot Allison, fortunatamente, non lo è in alcun modo.