Ozzy Osbourne + Zakk Wylde + Lemmy Kilmister = “No More Tears”, ovvero uno degli ultimi grandi album prodotti dallo storico frontman dei Black Sabbath. Ma forse sarebbe meglio dire l’ultimo, perchè quelli usciti dopo ““ non me ne vogliano i fan più sfegatati ““ di certo non sono all’altezza di questa piccola perla dell’heavy metal melodico di stampo “’80s.

Quello che, a tutti gli effetti, possiamo considerare uno dei picchi della carriera solista del cantante britannico, non sarebbe stato possibile senza il fondamentale apporto dei due maestri di ignoranza citati a inizio articolo. Il primo, già  biondissimo ma non ancora trasformatosi nel barbuto culturista che conosciamo oggi, qui letteralmente strabilia con la sua chitarra elettrica perennemente urlante; uno strumento diabolico che, tra pentatoniche infuocate e armonici artificiali bollenti, incendia i timpani degli ascoltatori a suon di riff e assoli a dir poco fenomenali.

Il secondo, ovvero l’indimenticabile leader dei Motörhead, mette la firma su quattro canzoni entrate di diritto nella storia della musica pesante nella sua accezione più radiofonica e accessibile: le esplosive “I Don’t Want To Change The World”, “Desire” ed “Hellraiser”, impreziosite da ritornelli a presa rapida, e la ballatona “Mama, I’m Coming Home”, un brano malinconico in cui un Ozzy in vena di rimpianti si lascia travolgere dalla nostalgia di casa.

Usciamo un attimo fuori dai binari e torniamo rapidamente a “Hellraiser”, di cui esiste anche una versione registrata dalla band di Lemmy per la colonna sonora del deludente “Hellraiser III”. Bella, ma non imprescindibile; se avete modo, però, andate a recuperarvi il maleducatissimo videoclip in cui il baffuto bassista dello Staffordshire, in una straordinaria mise da motociclista sadomaso, riesce a vincere una partita di poker contro il terribile Pinhead, il demone con la testa ornata di chiodi protagonista della serie horror del geniale Clive Barker. Un’opera d’arte che ci fa rimpiangere gli anni dorati di MTV e delle sue programmazioni notturne, dove purtroppo erano confinati simili gioielli.

Torniamo in scioltezza a parlare di “No More Tears” per soffermarci su un altro capolavoro, questa volta di natura prettamente musicale. Mi riferisco ovviamente alla monumentale title track: un viaggio epico ed entusiasmante della durata di sette minuti e mezzo che, in bilico tra le atmosfere dure e orientaleggianti delle strofe e quelle cinematografiche e classicheggianti del bridge totalmente dominato dalle tastiere di John Sinclair, vola via sulle ali di un super-ipnotico giro di basso suonato da Bob Daisley ma scritto nientepopodimeno che da Mike Inez degli Alice In Chains.

Al confronto di questa splendida mini-suite, le altre tracce di “No More Tears” sembrano impallidire. Ed è davvero assurdo, perchè questo album è pieno fino all’orlo di momenti memorabili. “Mr. Tinkertrain”, con il suo ritmo martellante e possente; “Time After Time”, che scorre delicata tra gli arpeggi di Zakk Wylde e le armonie vocali di Ozzy Osbourne; le cadenze tribali e nervose della potentissima “Zombie Stomp”; per non parlare dell’emozionante “Road To Nowhere”, che trafigge il cuore con un assolo scintillante da vero guitar hero. Pagine meravigliose ““ ma un po’ ingiallite ““ di un cult dell’hard & heavy d’antan.

Data di pubblicazione: 17 settembre 1991
Tracce: 11
Lunghezza: 57:02
Etichetta: Epic
Produttori: Duane Baron, John Purdell

Tracklist:
1. Mr. Tinkertrain
2. I Don’t Want To Change The World
3. Mama, I’m Coming Home
4. Desire
5. No More Tears
6. Won’t Be Coming Home (S.I.N.)
7. Hellraiser
8. Time After Time
9. Zombie Stomp
10. A.V.H.
11. Road To Nowhere