è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

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GIORGIO POI
Pomeriggi

Aspettavamo in molti (non siamo ancora abbastanza: dobbiamo diventare tutti perchè Re Giorgio lo merita) il ritorno di Poi, con la consapevolezza che non v’è attesa più dolce di quella che sai verrà  ripagata con la solita iniezione di qualità  e fiducia nei confronti di ciò che la musica italiana (sì, quella che “non è più musica alla moda”) può ancora dare alle nostre orecchie atrofiche, per dirla alla Fossati. Contro l’anoressia emotiva di cuori in grave carestia di emozioni, “Pomeriggi” è l’antidoto più efficace a ricordare a tutti che non tutti possono fare musica, e che per scrivere canzoni serve ancora ispirazione, sincerità  e una buona dose di sguardo poetico sulle cose, capace di dare nuova vita a quotidianità  stanche di essere incensate con le parole viziate di una scena incollata a stilemi che nulla hanno a che vedere con “ciò che (davvero) è”. Contro le folle di imbonitori della musica, Giorgio scende in campo mettendo sul piatto poche cose, giuste e vere: mai una parola fuori posto, mai un pensiero a dove debba essere il posto giusto di una verso o di un’immagine; l’esistenzialismo di Giorgio Poi ha schemi propri, irriproducibili e non replicabili da altri che non siano l’autore. E questa si chiama identità , foglio di via per l’ingresso nella Storia.


COEZ
Wu-Tang

Ragazzi, c’è da dire una cosa: può piacere o meno la linea intrapresa da Coez negli ultimi sei, sette anni, ma è certamente innegabile che il talento romano sia ormai assurto come capostipite di una nuova genealogia di artisti capaci di spaziare dal rap al mainstream (prima di Calcutta, è stato proprio Coez ad inaugurare i tuoi stilemi ItPop) fino ad arrivare, oggi, ad un certo crossover dal piglio rock che definire “inaspettato” – nell’era della prevedibilità  istituzionalizzata – è riduttivo. “Wu-Tang” mescola la scena indipendente d’oltreoceano di primi anni 2000 (Arctic Monkeys e Gorillaz su tutti) ad una scrittura dalle venature trap-pop che ben attecchisce alle orecchie dei duri e puri del genere come delle nuove leve di ascoltatori della Gen Z; la saturazione del mix aiuta ad uscire dall’impasse di brani fatti ad hoc per passare inosservati dopo il primo ascolto, e lascia all’ascoltatore la necessità  di riascoltare, e riascoltare. Vola come una farfalla, pungi come Coez. Mica male.


SESTO
Galleggianti

Fare la conta dei brividini avvertiti lungo la schiena diventa complicato quando la pelle si trasforma in quella dell’oca – ma si sa, certa musica ha il potere di metterti le ali (anche se per brevi voli) e Sesto conosce evidentemente l’aerodinamica del cuore. “Galleggianti” è come il suo titolo: galleggiante, in affannosa (e disinvolta, se non disinteressata) rincorsa alla superficie, nella marea melmosa e sbrodolante del calderone pop nazionale; ma Sesto è uno che viene da piscine olimpiche di vita e di tenacia, e che i polmoni sembra averci per resistere ad apnee atroci: fatto sta, che portare a galla certa musica come questa oggi serva più all’ascoltatore che all’artista. Non facciamolo per noi, ma per i nostri figli. Che possano salvarsi dalle macerie di cui ci stiamo circondando intonando sulle barricate della storia- quando verrà  la fine del mondo – “Galleggianti” di Sesto, a mo’ di marsigliese. Bellezza resistente che, se sai darle davvero ascolto, diventa rivoluzionaria.

FLOP

Mi dispiace, niente flop. Sono triste anche io, ma non ho trovato nulla che mi abbia fatto arrabbiare davvero. Argh. Mi toccherà  andare a correre per scaricare (non lo farò mai). Ci si aggiorna tra una settimana.

SEZIONE VIVAIO

Di fronte al nuovo che avanza ritrarci non è più possibile, se non assumendocene le pesanti responsabilità  generazionali; ecco perchè abbiamo bisogno oggi di dedicarci ai polmoni di domani, che hanno bisogno di ossigeno e di speranza. Nasce per questo la “Sezione Vivaio”, con le nostre segnalazioni dei più interessanti emergenti di giornata: solo i migliori fiori che la gioventù, come direbbe Fossati, fa ancora crescere per le strade.

CASTO, Weekend

Mica male l’esordio (quello “sul serio”, perchè di gavetta Simone ne ha fatta) di Casto, rapper ligure (che ormai, al giorno d’oggi, cosa vuol dire “rapper”? M ai generi musicali, W la bella musica) che ha fatto proprio il linguaggio pop in una ballad da veri romanticoni ma con lo sguardo da duri (BLANCO docet). “Weekend” respira la bella brezza delle cose fresche, che alla qualità  unisce l’urgenza: non esiste rinascita migliore di quella che consideri tale, e Simone sembra ben felice (e centrato, artisticamente) nel rinascere Casto, oggi. Da tenere d’occhio, perchè i margini di crescita, qui, sembrano essere interessanti.

DOPO SATURNO, Tra l’abisso e il collasso (album)

Un crossover interessante di suoni e di idee quello di Dopo Saturno che, risentendo innegabilmente dell’influsso di una certa canzone d’autore emotivamente impegnata ,collega attraverso il filo rosso delle cinque tracce di “Tra l’abisso e il collasso” poesia ed elettronica da dancefloor, Motta e Cosmo, Guccini e Brondi. Il mood compassato aiuta a disegnare atmosfere sufficientemente sospese da non pesare troppo sull’ascolto, nonostante il grado d’impegno richiesto all’attenzione sia certamente reso ambizioso da una scrittura non scontata. E ben venga tutto ciò. Nel corso dell’ascolto, il disco rimane nel complesso forse un po’ troppo “prevedibile” nelle scelte estetiche, ma per essere un esordio non è male.

MICO ARGIRO’, Lambrooklyn

Passo di danza ed espressione tanguera (non chiedetemi perchè: ho visualizzato sin dal primo ascolto del brano di Mico “Ballando con una sconosciuta”, brano non tra i più famosi di Guccini) per il nuovo singolo di Argirò, “Lambrooklyn”: il timbro aiuta una produzione scarna e priva di troppe pretese a decollare, disegnando atmosfere a metà  tra Paolo Conte e Vinicio Capossela (mica due così) attraverso il pennello dell’ironia disincantata del poeta all’angolo. Brano affascinante, da riascoltare.

DJIBSON, The Dark Side

Folle, per il mercato italiano. Quindi, sì! Rap francese su un mood old school che richiama all’hip hop anni Novanta, con una storia vera da raccontare e un’urgenza genuina che rende il tutto ancora più bello. Le strofe mi fanno impazzire, la dinamica scende forse un po’ troppo sul ritornello cantato da Petra, ma nel complesso il brano gasa. E sopratutto, non te l’aspetti. Dai! Nota di merito per il timbro di Djibson, che spacca e riscalda il cuore, con una vena malinconica che sa di musica verità : mica poco!

ALIS VIBE, Shake This World

C’è qualcosa di seventies nella proposta di Alis, ma allo stesso tempo si respira forte l’aroma soul di una proposta che percorre la via del crossover senza perdere di piglio pop. Il timbro non è affatto male, anzi; magari il brano non decolla come potrebbe, ma le voci fanno il loro bel lavoro di sostegno ad una produzione che comunque sembra esser pensata per non risultare troppo invadente sulla canzone.

TROPICO, Non esiste amore a Napoli (album)

Vabbè, inserire Tropico tra i nomi del vivaio sembra davvero restrittivo per il curriculum di Petrella, che negli ultimi anni ha firmato alcuni fra i più vincenti brani della scena pop italiana (molti dei quali passati dal festival di Sanremo); “Non esiste amore a Napoli” è la conferma dell’esistenza di un sodalizio importante tra Davide e i principali esponenti del panorama musicale nazionale, che al fianco di Tropico decidono di scendere in quattro tracce di un disco denso, impreziosito dai featuring con Calcutta, Franco 126, Coez ed Elisa (mica noccioline). Insomma, forse non lo sapete, ma avete Tropico nelle orecchie già  da almeno cinque, sei anni. Ora scopritelo ufficialmente, che è arrivato il momento di farlo.

GOMMA, Mamma Roma/Louis Armstrong

Tornano i Gomma con una doppia release di spessore, ma spessa per davvero. Nel senso che appena premi “play” ti rendi conto che c’è qualcosa che dalle cuffiette sembra entrare nel cervello attraverso un ascolto violento, un fisting auricolare che risveglia i benedetti neuroni. Due brani che riportano a galla rock’n’roll e rabbia allo stato puro, a dimostrare che il modo migliore per fare le cose è farle nel modo più sconsigliato (dalla discografia annoiata di oggi). Bravi, bravissimi e cattivi. Sì!

ANDREA DI DONNA, Dentro di me

Ma che cos’è questo ritorno al sacro fuoco del rock’n’roll che sta infiammando questo venerdì di uscite? Andrea Di Donna (inaspettatamente, per chi lo segue da un po’ come me) tira fuori tutta la rabbia che ha per riversarla su un brano a tratti isterico (nel modo giusto) capace di coniugare ballad delicata e onirica ad una presa di posizione elettrica che aiuta a scaricare tutta la frustrazione repressa, accumulata in anni di depressione creativa di un’intera scena. E’ un fuoco di paglia? E’ il risultato dell’effetto Maneskin? Chissene frega. Io me la godo.

FRADA, 30 in Hotel

Sento parlare di Frada da un po’, ma non avevo mai fatto seguire alle mie buone intenzioni un ascolto che potesse farmi chiarire le idee sull’artista. Fatto sta che oggi ho deciso di rispettare le promesse fatte a me stesso, e mi sono sparato “30 in hotel”; il talento c’è e si fa sentire, con una bella scorta di immagini giuste per conquistare quella Gen Z che – onestamente – sono troppo vecchio (cinque anni di distanza anagrafica dal 2000, nel terzo millennio, sembrano un’eternità ) per sentire vicina, ma che non posso far a meno di osservare con curiosità  quasi antropologica. Bella per lui, un po’ meno per me che mi sento già  un fottutissimo boomer.

DARTE, Belli come prima

Mica male il nuovo ritorno musicale di DARTE, che intelaia su una produzione ben pensata – vicina agli stilemi di un certo mainstream che continua ad ammiccare all’itpop, con Gazzelle in prima fila – un testo che funziona, testimoniando la buona penna dell’artista di scuola Aurora Dischi. Il ritornello esplode a mo’ di tormentone, allontanando ancora un po’ l’inizio di un autunno che già  aleggia spettralmente su tutti, scena compresa.