Potremmo celebrare il trentennale di qualsiasi disco, eppure non lo facciamo.
Quando abbiamo cercato di raccogliere dei contributi su “Nevermind”, sui trent’anni che ci separano dalla sua forse non originale ma deflagrante apparizione, una delle cose che non mi aspettavo di sentire (e questo la dice lunga sull’ingenuità  con cui ho vissuto gli anni Novanta) era: Questo disco non fa parte della mia esperienza. Mi costa una certa fatica ammettere che questa possibilità  esista sul serio e mi costringe ad affrontare il dubbio, terrificante, che invece di andare in fondo al cuore della faccenda, invece di scavare la sacra vena indipendente d’America, io mi sia accontentata della camicia di flanella, di Mtv, del ragazzo con una cura originale per il suo perenne mal di stomaco mentre altri ascoltatori più lungimiranti di me ne sono usciti indenni.

Non ricordo se in “England’s Dreaming” o in “Please Kill Me” uno dei superstiti della scena punk di fine anni settanta dichiarava che disegnare una svastica sul banco di scuola non aveva nessun connotato politico, era solo un modo per sintetizzare un istinto di cattiveria. Nè più che meno che disegnare un teschio. E’ lo stesso modo in cui milioni di persone si sono sentite a proposito di “Smell Like Teen Spirit”, credo, o il motivo per cui hanno esibito lo dello smiley giallastro disegnato da una vecchia fidanzatina di Kurt Cobain su felpe da quattro soldi.

Ricordo ancora il giorno in cui una mia amica ha stampato il testo di “Smells Like Teen Spirit” e mi ha detto Queste parole non significano niente. Non proprio una raffinata lezione di nichilismo, ma centrava il problema; a quindici anni non hai bisogno di un capolavoro, hai bisogno di un proiettile. Se penso a “Nevermind” penso a questo: alla sua qualità  intima e fotografica, alla sua capacità  di ritrarci nelle nostre naturali pretese di cattiveria. Al fatto che per tanto tempo sia stato un proiettile su cui c’era scritto il nostro nome ma che non ci ha uccisi.

E’ un disco che invecchia male: puzza di sentimenti stagni, di vecchie pagine di diario in cui non ti riconosci, tutta quella sensibilità  messa in piazza, che cosa volgare. Ed è proprio per questo che prima o poi devi farci la pace: se puoi perdonare te stesso per aver trascritto ovvietà  come meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente puoi perdonare Kurt Cobain per averlo fatto. Puoi perdonare te stesso per aver ceduto a Mtv e a quella felpa da quattro soldi. In fondo non è colpa tua se le cose sono andate diversamente.
(Claudia Durastanti)

Smells Like Teen Spirit & Breed

Se Kurt non fosse morto non ci sarebbe stato il mito di Kurt, solo l’uomo. Nessuna spilletta commemorativa, niente club dei 27 , ma cuore, anima e cervello di un musicista di talento libero di fare i propri errori. Se Kurt non fosse morto, i vari “Bleach”, “Nevermind” e “In Utero” (tutti ormai in età  da patente) non sarebbero rimasti orfani e molte persone non sarebbero restate con le orecchie tese, aspettando chissà  quale miracolo.

Se Kurt non fosse morto, forse avrebbe continuato a far musica. O forse no. Se Kurt non fosse morto, avrebbe potuto esserci un “Nevermind II”. Forse, o forse no: i Nirvana si sarebbero comunque sciolti da tempo, sacrificati a quella strana divinità  chiamata mainstream. Se Kurt non fosse morto, sarebbe stato tutto diverso. Forse, o forse no.
(Valentina Natale)

Territorial Pissings

L’immaginario collettivo oramai lega a filo doppio “Nevermind” a quei “magnifici anni “’90”. Appare certamente impossibile immaginare, per chi non li abbia potuti vivere in maniera diretta, una colonna sonora per quel periodo che sia scevra delle furiose rullate di “Breed”, le grida (quasi un grido generazionale) di “Territorial Pissing”, la melodia irresistibile di “On A Plain”

Quel suono prodotto in modo così inusuale rispetto a qualunque disco “indie” precedente: una pulizia forse eccessiva, c’è chi la ama, chi la odia. Il video di “Smells Like Teen Spirit”. Le magliette con lo smile. La sincera commozione di tanta e tanta gente per la morte di Cobain. Il pensiero a ciò che sarebbe potuto essere e non è stato (e non sarà  mai).Uno spartiacque: dopo “Nevermind” il rock non è stato per davvero mai lo stesso. E da lì non si può tornare indietro.
(Emanuele Chiti)

Old Age (Nevermind Outtake)

Probabilmente non ce ne eravamo ancora accorti, ma sono passati venti anni. Non dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, non è di questo che parlo. Il 24 Settembre 1991 la Geffen Records dava alle stampe “Nevermind”, l’album che consacrò in maniera definitiva i Nirvana. Una manna dal cielo per tutta quella critica che si ritrovò tra le mani l’ultima vera grande rivoluzione della storia della musica: il Grunge. Ma di rivoluzionario, a dircela tutta, i tre di Seattle non avevano nulla. Era musica adolescenziale la loro, che esprimeva il disagio di tutta una generazione vestita in camicia di flanella e alla ricerca di una soluzione istantanea per combattere l’acne. Soverchiati dal peso di quell’etichetta i Nirvana furono delle vittime (per carità , la loro fortuna), invischiati in qualcosa al di fuori della loro portata.

In molti ci siamo cresciuti, lo abbiamo anche adorato, ma “Nevermind” è uno zero nell’universo delle cose che contano. E Cobain ci aveva provato a far capire che di nuovo la loro proposta musicale non aveva nulla, ma nessuno ““ o quasi ““ gli aveva creduto. Avrebbe dovuto restare in vita, oggi gli avremmo dato tutti ragione.
(Angelo Murtaz)

Lounge Act

Dunque, dove eravamo rimasti? A Kurt Cobain che si spara e alle miriadi di dischi postumi che sono usciti per celebrare il nome Nirvana. A Courtney Love che ha goduto di un effimero boom sul finire dei 90’s salvo poi trasformarsi in una mummia al botox e a Dave Grohl che si è rilanciato alla grande con i ganzissimi Foo Fighters ed è ancora sulla cresta dell’onda dopo quindici anni. A Krist Novoselic che tenta l’avventura Sweet 75 ma non replica il colpo riuscito a Grohl ed allora prova di buttarsi in politica con i Democratici. Ai tanti gruppi-clone che per un attimo ce l’hanno fatta (uno su tutti? I Bush) senza particolari meriti se non quello di una “somiglianza” ai limiti del plagio con il terzetto di Seattle e alle decine di dischi (e, più in generale, di gruppi musicali) che senza “Nevermind” non sarebbero mai nati o comunque non avrebbero mai goduto della stessa esposizione mediatica. All’impatto che questo disco ha avuto, continua ad avere ed avrà  in futuro.

Ecco, visto che tutto è già  scritto su “Nevermind” e non ho voglia di copiarlo solo perchè è il ventennale della pubblicazione ed esce una super-ristampa megadeluxe, non spreco battute invano dicendo che l’album in questione è la summa perfetta di certo alternative rock (Pixies, Melvins, Flipper, Vaselines, l’eroina) e cristallina sensibilità  pop ma proseguo indicendo seduta stante un concorso (anzi due) in cui non si vince nulla ma almeno si pensa: quale sarebbe stato il corso della musica moderna se “Nevermind” non fosse mai uscito? E quale sarebbe stato il corso della musica moderna se Kurt Cobain non si fosse mai ucciso? La prima domanda ha risposte troppo scontate e dunque non la prendiamo neanche in considerazione (anche perchè vent’anni di gruppi tipo Guns n’Roses, Poison ed Ugly Kid Joe non riesco a reggerli neanche se provo ad immaginarli), procediamo allora con la seconda. Se Cobain non avesse premuto il grilletto i Nirvana sarebbero diventati una specie di R.E.M. con più dolore dentro, avrebbero fatto un altro paio di album senza mai cadere nel banale poi stop.

Dopo lo scioglimento Kurt Cobain non si sarebbe rivelato un Chris Cornell qualunque ma avrebbe intrapreso una non scontata carriera solista e sarebbe stato elevato al rango di grande cantautore, mentre i Foo Fighters avrebbero goduto di molta meno visibilità , avrebbero fatto alcuni buoni album senza essere troppo considerati e si sarebbero fermati lì. Krist Novoselic sarebbe diventato una sorta di icona liberal e sarebbe arrivato ad essere vice di Obama al posto di Biden, mentre non ci sarebbe stata nessuna reunion dei Nirvana, nessuna invasione ciclica di gruppi-clone dei Nirvana e nemmeno nessuna reunion ai limiti della necrofilia come quelle di (pesco a caso dal mazzo) Soundgarden, Smashing Pumpkins e Stone Temple Pilots. Probabilmente il mondo sarebbe anche un posto migliore dove vivere, ma quest’ultima affermazione purtroppo non sarei disposto a ripeterla sotto giuramento.
(Federico Accento Svedese)