Se sentite uno strano lezzo di morte nell’aria, non preoccupatevi: sono semplicemente i Carcass che, a distanza di ben otto anni dall’uscita dell’album post-reunion “Surgical Steel”, sono risbucati fuori dal sepolcro nella speranza di poter rivitalizzare le carni marcescenti del death metal. Le dieci tracce di “Torn Arteries”, tutte finite di registrare nell’autunno del 2019, erano state abbandonate in un loculo a decomporsi in attesa della resurrezione dei concerti, ridotti in fin di vita dai durissimi colpi inflitti dalla pandemia.

Purtroppo, come ben sappiamo tutti noi abitanti del pianeta Terra, l’emergenza sanitaria globale è ancora lontana dall’esser vicina alla fine. La band britannica, conscia di una situazione che a stento sembra esser migliorata nonostante i vaccini, si è infine rassegnata: meglio scoperchiare subito il sarcofago che rischiare di ritrovarsi con un pugno di cenere tra le mani.

E allora eccola finalmente qui tra noi, la “nuova” opera dei Carcass: una bella raccolta di musica estrema nella sua forma più putrida e malsana. L’ascolto ideale per rendere ancor più ammorbanti i nostri tristissimi giorni di pestilenza.

L’inizio è in gran stile: i riff vorticosi della title track, così come quelli tortuosi e dal perverso gusto hard rock di “Dance Of Ixtab (Psychopomp & Circumstance March No. 1 In B)”, ci fanno riassaporare i tempi gloriosi del capolavoro “Heartwork”. Ottime impressioni anche da parte dell’articolata “Eleanor Rigor Mortis”, che scivola via bollente come lava tra sfuriate in salsa thrash e tecnicismi di varia natura.

Con “Under The Scalpel Blade” (pubblicata come singolo nell’ormai lontanissimo dicembre 2019), “The Devil Rides Out” e “In God We Trust” si entra nei più accomodanti territori del death metal melodico: neanche il ringhio micidiale di Jeff Walker riesce a spazzar via la perfida catchyness (chiedo scusa per il tremendo anglicismo) di tre pezzi destinati a far discutere i fan della primissima ora, rimasti ancora una volta a bocca asciutta considerando la pressochè totale assenza di richiami agli antichi fasti grindcore del quartetto di Liverpool.

Gli stacchi iniziali della deludente “Wake Up And Smell The Carcass / Caveat Emptor” vi riportano alla memoria i controversi esperimenti death “‘n’ roll di “Swansong”? Non preoccupatevi: “Torn Arteries” ha di molto meglio da offrirci. Certo, non sarà  ricordato come uno degli episodi più brillanti nella discografia del gruppo, ma è sempre un piacere lasciarsi trascinare dalle continue e imprevedibili evoluzioni della band.

Per non parlare poi della qualità  del lavoro svolto da un pioniere della chitarra death metal come Bill Steer. è il suo magico tocco a infondere putrescente ma umana bellezza alla complessità  di “Kelly’s Meat Emporium”, “The Scythe’s Remorseless Swing” e “Flesh Ripping Sonic Torment Limited”, un mostro sonoro di quasi dieci minuti in cui i Carcass si divertono a ripercorrere tutte le varie fasi stilistiche attraversate nei loro trentacinque anni di intermittente carriera.