Difficile che Davide possa battere Golia, se poi Golia è un gigante di internet come Google. E difatti, nel corso delle 4 puntate di questa miniserie targata Netflix Germania, nessuno dubita anche per un solo momento sugli esiti della controversia giudiziara narrata – ossia quella riguardante il brevetto dell’algoritmo alla base di Google Earth, praticamente rubato ai tedeschi di TerraVision.
Ma non è questo il punto, ovviamente. Tanto, invece, che la cosa accada più o meno all’ordine del giorno, più o meno lecitamente. Small fish, big fish, swimming in the water.

I primi tre episodi sono propedeuti al grandioso ultimo, dedicato alla battaglia giudiziaria nella corte del Delaware. Non lo sono soltanto poichè forniscono allo spettatore dettagli e retroscena utili a giudicare i fatti alla stregua dei membri della giuria popolare, lo sono anche emotivamente.
E’ inevitabile difatti empatizzare per i due ingenui hacker tedeschi, dei quali grazie ai ricchi flashback conosciamo anche le versioni giovani e scanzonate, e fare il tifo contro la terribile Google.

Anche dal punto di vista della scrittura l’ultimo episodio è quello più riuscito e nonostante utilizzi un trucco visto un milione di volte, che ovviamente non sto qui a raccontarvi, pungola le corde giuste. E come se le pungola.
Il ritmo è molto alto e gli inserti simil-documentaristici (la serie viaggia con il santino di Adam McKay nel cruscotto) sono davvero molto efficaci. Bravissimi tutti gli interpreti, con una menzione d’onore per l’ottima e bella Lavinia Wilson (vecchia conoscenza di chi ha guardato i vari “Deutschland 83, 86 e 89”).

Un ulteriore punto di forza della serie è la trasparenza, che spesso manca ai legal thriller americani, sulla preparazione dei testimoni da parte dei legali, che aggiunge un ulteriore fattore di interesse alla visione.