Cinque uomini in macchina nel deserto e no, non sono i Red Hot Chili Peppers di “Scar Tissue”. Ritroviamo così i My Morning Jacket nel video di “Regularly Scheduled Programming”, brano apripista del nono attesissimo album in uscita sei anni dopo “The Waterfall” e a pochi mesi da quel “The Waterfall II” che era stato un piacevole tuffo nel passato ma lasciava qualche dubbio sul futuro di una band che stava lentamente ritrovando la voglia di suonare insieme dopo un periodo di stanchezza e fisiologico appagamento.

Sensazioni negative di cui non c’è più alcuna traccia in un disco che vede Jim James, Tom Blankenship, Patrick Hallahan, Carl Broemel e Bo Koster rinvigoriti e pungenti, evocativi fin dalle prime note della già  citata “Regularly Scheduled Programming” intonate dal solo James seguito ben presto dagli altri quattro moschettieri in un crescendo dal finale esplosivo, trascinato dalle tastiere di Koster e dalla batteria.

Psichedelico e martellante il secondo singolo “Love Love Love” con un rombante assolo di chitarra che apre la strada ai sette minuti di “In Color”: anima blues e corpo rock, una cavalcata intensa in cui le atmosfere acustiche diventano elettriche senza fretta con quel piglio à  la Neil Young che i My Morning Jacket hanno sfruttato spesso con notevoli risultati. Ritmo, ottimismo convinto, una profusione di assoli che farebbero invidia a J. Mascis (ascoltare per credere quelli di “Never In The Real World”) popolano il resto di “My Morning Jacket” senza mai sembrare ordinari, al contrario dei testi sinceri ma un filo troppo buonisti.

L’autostrada si apre davanti a Jim James e soci ed è un paesaggio familiare, a volte fatto di malinconiche ballate a una o due voci come “I Never Could Get Enough”, “The Devil’s In The Details” o la riflessiva “Out Of Range, Pt. 2” altre di pura grinta come “Least Expected” e “Penny For Your Thoughts”. Sono ancora capaci di scherzare i My Morning Jacket del 2021: “Lucky To Be Alive” con i sintetizzatori e l’aria da pop song inganna, prima di tirar fuori unghie, grinta e finire in un tripudio elettrico. “Complex” ha generato pareri contrastanti, insieme a “Love Love Love” è il brano in cui cercano un sound diverso ma non troppo, quattro solidi minuti che dimostrano quanto fluidi e tenaci siano diventati i ragazzi del Kentucky.

I My Morning Jacket hanno sempre fatto della chimica e del feeling sul palco la propria bandiera e non era per nulla scontato risentirli in forma e convinti dei propri mezzi dopo un così lungo stop. Il rock è morto? Tranquilli ci pensano loro a resuscitarlo, spolverargli la t-shirt un po’ lisa e trascinarlo di nuovo nella mischia con un album coinvolgente al netto di pregi e difetti. Quello che ci vuole per scaldarsi, scrollarsi di dosso gli ultimi rimasugli di paure pandemiche e tornare a sognare.

Credit Foto: Austin Nelson