Non che abbia visto molti dei film presentati allo scorso festival di Cannes, ma se questo davvero fosse il migliore, potremmo parlare di un’edizione abbastanza scarsetta. Ho però la sensazione, anche conoscendo bene Spike Lee, che di quest’edizione è stato presidente della giuria, che si possa invece parlare molto tranquillamente di una giuria sensazionalista e incline alla polemica. Non ricordo infatti la vittoria di un film altrettanto estremo e controverso.

Ad ogni modo “Titane” è tutt’altro che un brutto film. Mentre però funziona benissimo come body horror e nella sua missione simbolica, fallisce parzialmente quando si tratta di costruire un substrato sentimental-relazionale credibile tra i suoi personaggi. Una pecca non da poco se pensiamo che una buona metà  del film verte sull’incontro e le cure reciproche tra Vincent e Adrien/Alexia.
Le scene riguardanti la gestazione al titanio vissuta da Alexia (una bravissima e scandalosa Agathe Rousselle) sono davvero spaventose, inquietanti, riescono a colpire fisicamente lo spettatore, così come i raptus omicidi della ragazza, gestiti con secchezza e per questo molto efficaci. La parte gore del film funziona molto bene anche quando i toni vengono alleggeriti. Fa infatti quasi sorridere la strage nella casa al mare sulle nore di “Nessuno mi può giudicare”.

Il fiore all’occhiello del film è però certamente la sua parte visiva, che incrocia i fulgori di Refn alla morbosità  sediziosa di Cronemberg.