Alva Noto e Anne-James Chaton hanno presentato anche a Roma, nella cornice dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, il loro interessante spettacolo di destrutturazione verbale, nel quale le parole si liberano, finalmente, dal ristretto e prevedibile contesto lessicale e grammaticale nelle quali esse sono, solitamente, vincolate, affinchè le persone possano interloquire e dialogare tra loro, e acquistano un potere comunicativo / emotivo / evasivo molto più forte ed incisivo. Esse, infatti, si fondono con il flusso sonoro, con le sue atmosfere techno, ipnotiche e sperimentali.

Le singole sillabe diventano, di conseguenza, elementi ritmici e non sono più qualcosa di statico, immobile ed a sè stante, connesso sempre allo stesso suono / concetto, ma seguono quella che è la dinamicità  espressiva e sentimentale di Anne-James Chaton, mentre le trame ambient-elettroniche di Alva Noto prendono possesso della Sala Sinopoli, attraversandola in ogni direzione e facendo sì che la dimensione umana, costituita dai due artisti, ma anche da tutti gli spettatori presenti, possa entrare in sintonia con la dimensione artificiale e sintetica delle macchine, con le infinite sequenze di informazioni binarie che scorrono velocemente dinanzi ai nostri occhi: zeri ed uni, verità  e menzogne, realtà  e fantasia, luce e buio, vita e morte.

Intanto l’Universo continua a espandersi con impeto e dolcezza, forte della perfezione matematica e geometrica delle sue leggi, tutt’intorno a noi, ai nostri sensi elettrizzati dallo show, alle nostre percezioni fisiche, le quali, grazie a questo viaggio onirico, al suo groove minimale e alle sue inesorabili ritmiche, si mescolano a quelli che sono i nostri ricordi più intimi e alle nostre inconfessate aspettative future, creando qualcosa che è, nel medesimo tempo, sia materia, che energia. Una forma d’onda personale e collettiva che si propaga dentro di noi per poi proiettarci verso i meandri più profondi del cosmo, oltre le galassie, oltre le stesse macchine, oltre i computer, oltre tutto quello che abbiamo costruito, in uno spazio che è fatto solamente di battiti, di bagliori, di loop musicali che, contemporaneamente, sono anche dei colori, delle sensazioni, delle percezioni, delle idee, dei nuovi e sconvolgenti alfabeti di creatività .