Nati nel 2019 dalle menti creative dei due coinquilini Ryan Needham e James Smith, gli Yard Act sono stati bloccati dal Coronavirus dopo appena una manciata di concerti, ma il loro cammino è comunque proseguito con nuovi singoli e il loro EP d’esordio, “Dark Days”, uscito all’inizio dello scorso anno.

Uscito il 21 gennaio con un paio di settimane di ritardo rispetto alla data prevista a causa dei ritardi di produzione dovuti alla pandemia, questo debutto full-length della band post-punk di Leeds viene definito come “un disco politico, ma nello stesso modo in cui lo sono tutte le grandi osservazioni sulla natura umana: un’istantanea disordinata, complessa e consapevolmente ipocrita del nostro attuale stato di cose.”

La title-track “The Overload” ci introduce nel folle, ma divertente mondo degli Yard Act: se sono innegabili fin da subito le influenze di band come i loro concittadini Gang Of Four e soprattutto The Fall, è altrettanto vero che non mancano i ritmi incisivi che ci ricordano invece i Talking Heads o – se vogliamo cercare qualche paragone contemporaneo ““ i Parquet Courts. A tutto questo si aggiunge una personalità  notevole e un tocco pop e melodico che non viene mai a mancare in questa quarantina di minuti che rendono la opening-track davvero piacevole.

Incredibile il drumming di “Payday”, tribale ed eccitante, che è supportato da linee di basso decise che trascinano il brano verso un ritornello incontenibile e catchy (“take the money, take the money and run”), in cui diventa davvero impossibile rimanere fermi.

“Witness (Can I Get A?)” è forse la traccia più accessibile del disco: lungo solo un minuto e venti secondi, il brano ha una grande esplosività  punk con i suoi potenti riff di chitarra e quel suo drumming veloce e determinato e arriva feroce e senza filti dritto in faccia all’ascoltatore.

“Land Of The Blind” ha un andamento ciondolante quasi quanto un brano hip-hop e lo spoken word del frontman James Smith è accompagnato da un certo numero di beat che ci ricordano gli Sleaford Mods o anche gli svedesi Viagra Boys, autori di uno dei migliori album dello scorso anno con il loro “Welfare Jazz”.

“Pour Another” poi, con le sue chitarre e i suoi synth, diventa immediatamente un piccolo anthem pronto per far muovere il dancefloor di numerosi club nei prossimi mesi.

“The Overload” è un album incazzato e politico, ma allo stesso tempo ha l’intelligenza per divertire e fare ballare i fan, regalando anche un grazioso tocco pop all’interno delle sue sonorità  post-punk: sicuramente derivativo, ma costruito bene e determinato, questo è un esordio che convince ed è destinato a rimanere. Probabile che lo ritroveremo in parecchie classifiche di fine anno.