La sera del 22 gennaio abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Glenn Donaldson (da lui, a San Francisco, era ancora mezzogiorno). Per chi non lo conoscesse, si tratta di un musicista rimasto fedele alla scena underground e che, attualmente, ci sta intrigando con i suoi The Reds, Pinks & Purples, tirando fuori dischi in cui predilige un pop sobrio che vede nella propria sensibilità  nostalgica un certo fascino.
Il 4 febbraio è in arrivo il nuovo LP della saga, “Summer At The Land’s End” (via Tough Love Records / Slumberland Records).
Inoltre, Donaldson sta anche lavorando ad un’idea con Jeremy Earl dei Woods (un gruppo folk newyorkese): i Painted Shrines.
In passato, il suddetto si è anche impegnato per altri progetti di nicchia, come gli Skygreen Leopards e gli Art Museums.
La buona musica deriva da buoni ascolti: Donaldson è anche un ascoltatore seriale di tant’altra musica e, proprio per questo, non abbiamo potuto contenere la nostra curiosità  circa i suoi beniamini.

Ciao, Glenn. Partiamo col parlare del tuo progetto The Reds, Pinks And Purples. Di cosa si tratta?
Volevo scrivere canzoni dal pop catartico sulla vita e sull’amore. Ho un debole per le canzoni tristi che narrano una storia e che, magari, abbiano un po’ di umorismo velato. Guardandomi intorno, mi son reso conto che non c’è granchè del genere nella scena pop rock.
Ci sono canzoni con grandi melodie, ma non abbastanza che raccontino delle storie.

Quali sono le più grandi ispirazioni dietro la tua musica?
Ricavo molte immagini e idee dalla vita che trascorro qui a San Francisco. Ma ciò che mi ispira maggiormente è proprio la necessita di essere creativo e, magari, riuscire a creare qualcosa che possa fare breccia dentro qualcuno.
Musicalmente, attingo ad un songwriting classico ispirato dal folk, dal country, dai girl group, dal pop ottantino e dal lo-fi dei Novanta.
La mia musica viene accostata a svariati artisti e correnti, e mi sta bene.

Ti andrebbe di raccontarci di una canzone del nuovo disco che ti sta particolarmente a cuore?
“I’d Rather Not Go Your Way” è un brano che nasce dall’aver sentito male delle parole di una canzone della mia amica Karina, che suona in gruppo chiamato Cindy. Ne adoro la casualità . Di solito non ci metto molto a comporre, ma per questa potrei averci impiegato circa un’ora. Mi piace la chitarra a rovescio che ha.

Stai lavorando su altri progetti al momento? L’anno scorso, oltre alla pubblicazione di “Uncommon Wheater”, abbiamo visto debuttare i tuoi Painted Shrines.
Sto lavorando su altri tre dischi dei Reds, Pinks & Purples. Tempo permettendo, potrei anche tirare fuori un nuovo disco dei Painted Shrines entro quest’anno.
Piuttosto, mi auguro di tornare in tour appena le acque si saranno calmate.

Restando sui Painted Shrines, trovo che “Gone” sia agrodolce e devastante (in senso buono) al contempo. Avresti qualcosa da raccontarci su questo brano?
Questo pezzo è stato scritto da Jeremy Earl (Woods), quindi non saprei spiegare con precisione di cosa parli. L’abbiamo registrata in un batter d’occhio nel mio studio sulla costa. Lui si è occupato di suonare la batteria ed io la chitarra ritmica. Ci ho poi sovrainciso la chitarra a dodici corde e l’organo. Il basso è stato aggiunto in un secondo momento da Jeff Moller. Infine, Jeremy ci ha cantato ed io ho armonizzato.
La percepisco come una canzone sulla perdita.

Ci sono dei gruppi emergenti che ti intrigano?
A San Francisco ce ne sono a tonnellate al momento: Cindy, Mister Baby, Umbrellas, Sad-Eyed Beatniks, Oilies e tanti altri ancora.
Altri musicisti emergenti che mi stanno piacendo sono: Idle Ray, Wurld Series, Rosali, Fortunato Durutti Marinetti, Ed Dowie… .

Se tu dovessi fondare un supergruppo, quali musicisti vorresti ad accompagnarti?
I componenti dei Can e del Miles Davis Quintet, con Roger McGuinn (The Byrds) alla chitarra e Joni Mitchell ad occuparsi delle armonie. Piuttosto ambizioso, no? Ahaha.

Beh, direi proprio di sì. C’è un gruppo nel quale ti piacerebbe suonare?
Amo così tanto le mie band del cuore al punto che non vorrei di certo interferire con la mia inettitudine.

Trovo che il concept delle tue copertine sia meraviglioso nella propria semplicità . Ci sono delle copertine di dischi che ti hanno colpito parecchio?
Oh, wow. Potrei andare all’infinito. Sono affezionato ai lavori di Barney Bubbles, Grant Hart, Wendy Smith, Mark E. Smith, Bruce Licher, Alfreda Benge e tanti altri. Te ne cito una in particolare: “Old Rottenhat” di Robert Wyatt, copertina creata da Alfreda Benge.

Scegli cinque dischi dagli anni Ottanta.
Solo cinque!?
R.E.M. – Murmur
Husker Du – Warehouse: Songs & Stories
The Go-Betweens – Liberty Belle & the Black Diamond Express
American Music Club – Engine
Bad Brains – I Against I

Gentile Donaldson, la nostra chiacchierata finisce qui. è stato un grande piacere. Ti ringrazio per la pazienza e la disponibilità , oltre che per le melodie con la quale ci stai deliziando. Un saluto da IndieForBunnies!
Tante grazie! Le domande mi hanno divertito.