I Geese sono una giovanissima band post-punk di NYC: lo scorso ottobre, via Partisan Records, è uscito il loro primo album, “Projector“, scritto, prodotto e registrato nel loro studio a Brooklyn e poi mixato da Dan Carey (Squid, Black Midi, Fontaines D.C.). Dopo aver terminato il disco già  a inizio 2020, il gruppo statunitense ha poi avuto la possibilità  di lavorare su nuovo materiale grazie al tanto tempo libero che la pandemia ha causato. Noi di Indieforbunnies.com li abbiamo contattati via e-mail per una veloce chiacchierata in cui ci parlano sia del loro debutto full-length che del loro futuro. Ecco cosa ci hanno detto:

Ciao, grazie per il tempo che ci state dedicando. Prima di tutto vi chiedo se per piacere potete presentare la vostra band a quei nostri lettori che potrebbero ancora non conoscervi.
Ciao, i Geese sono Cameron Winter (voce), Foster Hudson (chitarra), Gus Green (chitarra), Dominic Digesu (basso) e Max Bassin (batteria).

Il vostro primo album, “Projector”, è uscito da poco tempo: siete contenti per questo? Cosa vi aspettate?
Tutte le nostre aspettative per “Projector” sono state superate molte lune fa, quindi tutto quello che speriamo davvero ora è che la gente ami il disco quanto noi.

Potete parlarci del vostro processo creativo? Come funziona all’interno della vostra band? è una cosa collaborativa?
Generalmente, Cameron porta al gruppo una versione demo di una canzone e, mentre lui insegna ad ognuno di noi le nostre parti, noi finiamo per rivederle come meglio crediamo.

Avete detto che volevate fare musica necessaria con ogni mezzo: potete approfondire un po’ questo concetto?
Al centro di ciò i Geese sono un gruppo di adolescenti ossessionati dalla musica. In molti modi, è l’unica cosa che sappiamo fare.

Siete di NYC: la vostra città  quanto ha influenzato musicalmente il vostro disco?
C’è una certa energia a NYC che non puoi evitare. è indescrivibile, ma è sempre lì.

Ho letto che avete registrato “Projector” all’inizio del 2020 e intendevate autopubblicarlo: cosa è successo dopo?
Abbiamo pubblicato “Low Era” su Spotify nel gennaio del 2020 e il nostro manager Willie Upbin ci ha contattato su Instagram. Da lì abbiamo inviato il disco a un paio di etichette e il resto è storia.

Di cosa parlano i vostri testi? A cosa vi siete ispirati mentre li scrivevate?
I testi di “Projector” sono influenzati dallo stato generale di angoscia e ansia che ci passava per la testa in quel momento. Ogni canzone è raccontata da una prospettiva diversa, ma quei temi li attraversano praticamente tutti.

Ho letto che avete avuto la possibilità  di lavorare su alcune cose nuove durante la pandemia: quanto sono state influenzate dal folle mondo in cui viviamo ancora adesso? State prendendo direzioni diverse dal vostro materiale precedente?
La nostra direzione è in movimento in maniera abbastanza costante. Stiamo tenendo le nostre carte abbastanza vicine al petto per il prossimo disco, ma possiamo garantire che non suonerà  quasi per niente come “Projector”.

Il vostro disco è stato pubblicato dalla Partisan Records, un’etichetta incredibilmente cool che ospita grandi artisti come Fontaines D.C., Idles e Laura Marling, solo per citarne alcuni: come vi sentite a lavorare con una label così importante?
è davvero un sogno che si avvera per noi. Non solo la Partisan lavora con alcune delle nostre band preferite, ma tutti quelli che abbiamo incontrato all’etichetta sono stati estremamente gentili con noi.

I concerti stanno lentamente tornando: avete avuto la possibilità  di suonare dal vivo di recente? Ho visto che suonerete in Europa alla fine di questo mese e anche a febbraio 2022: c’è qualche possibilità  di vedervi dal vivo in Italia, magari l’anno prossimo?
In realtà  siamo appena tornati da una serie di piccoli spettacoli in Europa. L’Italia è sicuramente nelle nostre mire!

Un’ultima domanda: potete scegliere una delle vostre canzoni, vecchie o nuove, per fare da colonna sonora a questa intervista?
“Disco” è la nostra scelta.

Photo Credit: Daniel Topete