Alla fine, come ogni anno dal 1951, arrivò il lunedì del tiriamo le somme. Il redde rationem dell’evento culturale più discusso e divisivo di un qualsiasi tecnico della nazionale di calcio italiana.
L’unico vero spettacolo con sole due risposte ad altrettante domande: lo vedo, non lo vedo. Una dicotomia solo all’apparenza netta e palese, ma se ben analizzata risulta talmente fluida ed opaca da evocare tormentate correnti centriste della Prima Repubblica predisposte ad accogliere gli ammiratori  piu’ disparati.  

Sanremo o si ama o si odia, ma come spesso succede nel belpaese, un occhio ce lo buttano tutti prima o poi. Magari non lo dichiariamo, magari ci tradiamo in un discorso che presuma una minima visione della kermesse, ma alla fine tanti saranno della partita.

Nell’edizione 2022 il direttore artistico Amadeus punta su venticinque canzoni divise nelle prime due giornate e ripetute insieme nella terza e nella quinta serata. Il venerdì come di consueto è dedicato alle cover (serata che spesso attira le anime contestatrici del festival, ingolosite dalla possibilità  di rivedere qualche vecchia gloria depressa deambulare sul palco del teatro Ariston). E’ in questa serata che solitamente il festival di Sanremo assolve alle proprie funzioni di macchina del tempo, devastante per chiunque abbia grosso modo più di trent’anni. Il grado di devastazione sale all’aumentare dell’età  del fruitore del servizio pubblico, chiaramente.
Effetto nostalgia che paga negli ascolti.

Di seguito rapida carrellata delle nostre sensazioni su questa edizione sanremese.
La tematica sociale, erta a protagonista del festival da diversi anni come risposta alle continue accuse di vacuità  ad una manifestazione che vacua è di natura. Ricordiamo sempre che sono solo canzonette.  
La grandezza di Drusilla Foer mattatrice assoluta del festival oscurata in linea temporale solo dall’intervento disincantato e franco, tipicamente capitolino, dell’attrice Sabrina Ferilli. La competenza al centro di tutto.
La musica di Dargen D’Amico, perfetta realizzazione del teorema sanremese per eccellenza: messaggio forte ridimensionato dall’orecchiabilità  del brano che lo rende automaticamente il tormentone dell’estate 22.
La canzone vittoriosa di Mahamood e Blanco, brividi di furbizia.
Morandi e la sua voglia di rimanere al passo coi tempi. Gli vogliamo bene.
Una menzione anche per la Rappresentante di lista, canzone orecchiabile e dal contenuto interessante, se la giocherà  con Dargen in estate.

Per il resto rimane poco se non nulla, almeno nelle nostre corde, da evidenziare.  
Rimane un’unica certezza, l’attesa per Sanremo 23.