Maturare per un artista può lasciar intendere un’evoluzione musicale, una maggiore voglia di sperimentare, o raccogliere i progressi fatti negli anni e creare un prodotto che riassuma bene il suo percorso (vedasi MARINA con “Ancient Dreams In A Modern Land”). Per i Gomma, maturare ha significato arrabbiarsi. Arrabbiarsi, sfogarsi, urlando e facendo casino contro un mondo ormai alla deriva, che negli ultimi anni ha saputo mostrare il peggio di sè. Non è una rabbia catartica, non è un semplice sfogo fine a se stesso: è un modo per risvegliare le coscienze, un modo per fare luce sulla situazione attuale, lo specchio di una generazione lasciata alla deriva in pasto a dei cowboy zombie.

La creazione di “Zombie Cowboys” è stata, per così dire, un piacevole imprevisto: a detta dei ragazzi, dopo il tour di “Sacrosanto” era nato un altro disco totalmente diverso, accantonato però quando è arrivata la pandemia. Ciò perchè il gruppo si è reso conto di qualcosa che fin troppo spesso non viene considerato: ogni artista può scegliere di rappresentare qualcosa, degli ideali, e soprattutto ha il potere di dare voce a chi non può esprimersi.  

Così nasce il loro nuovo album, che già  dal titolo lascia intravedere la sua anima provocatoria: da un lato l’immaginario dei film western, ciò che meglio rappresenta la mentalità  capitalista – mascherata da un’estetica volta a distrarre lo spettatore dal pensiero razzista e colonialista che vi è dietro, quindi quella voglia di sterminare o sfruttare al limite del disumano popolazioni intere per profitto o perchè ritenute inferiori (nella maggioranza dei casi, si tratta di entrambe le cose). Dall’altro lato abbiamo un altro classico dell’estetica contemporanea: i zombie movie, quel filone di critica sociale nato dal genio di George Romero. La distruzione dell’umanità , un’ambientazione così catastrofica che, prima di due anni fa, ci sarebbe sembrata un’assurdità  inconcepibile razionalmente. Eppure.  

Con “Zombie Cowboys”, i Gomma vogliono parlare forte e chiaro, non vogliono essere fraintesi o censurati. In tutto e per tutto, sentono il bisogno di esprimere in maniera schietta il disagio e la frustrazione di una generazione che non ce la fa più a subire gli errori della generazione precedente. Abbiamo vissuto (e tuttora viviamo) una crisi sanitaria, una crisi economica, una energetica e come se non bastasse anche ambientale. Come farci davvero ascoltare, come trovare la santa pace che ci meritiamo di avere? Anche perchè, come se non fosse una situazione già  di per sè desolante, la cosa più frustrante non è il sentirsi dire da anni a questa parte che “andrà  tutto bene”, nè assistere a tentativi di palese attivismo performativo o vivere in una situazione stagnante che porta persino a invidiare i vecchi ormai sul punto di andarsene, che beati “non cercano il sole / cercano il mare” (“Sentenze”). La cosa davvero più devastante e inconcepibile è come sia dovuta arrivare una pandemia per far capire (o almeno provarci) quanto ci troviamo in un sistema marcio fino al midollo: le basi di questo disastro possono però essere ritrovate molto, molto prima nella nostra storia.  

“Zombie Cowboys” è il disco perfetto per chi vuole urlare ma non ha la forza di farlo, per gli oppressi che non hanno modo di farsi notare, per chi è stanco di sentirsi preso in giro da quella iena che tormenta, “che non smette mai di ridere”.   è post punk puro e crudo, reale, che alla ripresa del rock italiano degli anni Novanta unisce la critica al neoliberismo e omaggi a Elio Petri. Se già  con “Sacrosanto” l’avevamo intravisto, con “Zombie Cowboys” ne abbiamo la conferma: i Gomma sanno quello che fanno, non sono più i ragazzi spensierati e nostalgici che cantavano omaggi a Godard. Vanno assolutamente tenuti sott’occhio.