è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor”, di “Iosonouncane meno male che esisti”, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni”, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

SPECIALE GREEN SELECTION

FULMINACCI, Tante care cose e altri successi (album)

Aggiunge qualche traccia al suo ultimi disco per Maciste, il buon Filippo, che regala a tutti -me compreso, me sopratutto – la possibilità  di riascoltare brani che già  conoscevo aggiungendo qualche chicca, come il duetto con Willie Peyote su “Aglio e olio”: l’occasione è ghiotta, perchè quel disco (“Tante care cose”, uscito subito dopo la partecipazione di Fulminacci a Sanremo) a me non è che aveva fatto tanto impazzire, al punto tale che non c’ero più tornato sopra nei mesi a seguire. Bene, l’ho fatto ieri e come mi accade spesso ho dovuto rivedere le mie posizioni: con un ritardo di un anno, dico che “Tante care cose” è un album interessantissimo, che le aggiunte di questo reboot lo sono altrettanto e che Fulminacci è uno dei pochi cantautori attuali che può ambire all’eternità  (o almeno, alla percezione moderna di eternità  come qualcosa che non si esaurisce nel giro di un anno solare).

GALEFFI, Appassire

Torna con una doppia release anche Galeffi, che però voglio inserire qui con “Appassire” per una serie di motivi; il primo, è che mi piace di più. Il secondo, è che le trame di “Appassire” (arrangiato da nientepopodimenoche Fabio Grande) mi ricordano cose che amo: dai Radiohead ai Beatles, passando per i soliti (ma più stemperati) echi cremoniniani che si fanno slancio di una voce e di una penna che sta cambiando, evolvendosi nella direzione di un’identità  che saprà  dare soddisfazione a chiunque sappia ascoltare. E anche a chi non lo è: certe cose sono belle, e basta. Ascoltatevi anche “Due Girasoli” comunque, perchè le mie istantanee preferenze spesso mi portano a “sottovalutare” le innumerevoli bellezze del paesaggio; e Galeffi è, in effetti, un ottimo panorama.

MAURIZIO CARUCCI, Metà  Mattina

Altro singolo altra corsa per Carucci, che negli ultimi mesi sta regalandoci canzoni interessanti con la continuità  dello stakanovista; “Metà  Mattina” sale bene, rende il proprio ritornello un mantra semplicissimo da ricordare, facendo venire voglia di stare tutto la mattina in un letto accoccolati alle cose, alle sensazioni e alle persone che amiamo. Certo, tutto è estremamente colorato di un “flower power” che punta a dare conforto senza troppe argomentazioni (per carità , è una canzone mica un trattato) ma nella sua semplicità  riesce a non diventare mai frivolo. E non è semplice.

ROSITA BRUCOLI, Deja vu

Non mi dispiace affatto il nuovo singolo di Rosita, che in “Deja vu” tira fuori un pezzo che si sposta da un orecchio all’altro circondando l’ascoltatore sin da prima ascolto con un ritornello che diventa dipendenza. Contro ogni clichè, ogni abitudine, ogni dejavu Rosita schiera un brano che propone la musica come unica via di fuga dalla mediocrità  che ci accerchia.

GIALLORENZO, Provarci

C’è del dolore vero, che trasuda dalle liriche di “Provarci”, il nuovo singolo di Giallorenzo; si sente, si avverte e si prova, e in questo giro di pelle sta tutta la chimica di un brano che ricorda echi di FBYC, Zen Circus e altre cose belle che hanno costruito ponti tra l’alternative e il mainstream. Su quei ponti, Giallorenzo si dondola senza paura di cadere. Anzi, se si cade meglio ancora.

MARCO FRACASIA, Adesso Torni a Casa (EP)

Marco era già  stato protagonista di un mio bollettino di qualche tempo fa, e quindi posso dire di essere uno dei suoi fan della prima ora – sì, perchè dopo la pubblicazione di un primo singolo nel 2021 e di un secondo brano qualche settimana fa, Fracasia è corso dritto dritto su un EP di debutto che gasa per scrittura, identità  timbrica e concettuale: cinque pezzi che sommano un tridente d’inediti di lusso, capaci di surclassare per gusto personale (cioè, il mio) quanto fatto ascoltare fin qui. C’è della disperazione generazionale, ma anche un modo particolarmente identitario e unico di gestire il dolore.

VOINA, Adderall

Adrenalina pura che si mescola ad una certa rabbia generazionale utile a combattere l’ansia da saturazione esistenziale: Voina scaldano le polveri incendiandole, e il risultato è un’esplosione che fa saltare in aria un po’ tutto il banco. C’è dentro il ritratto di una generazione errante, che cerca ancora sè stesso ai margini di un’autostima pompata da social e altre ambiguità : unica soluzione al dramma? Ovvio, distorsori e mazze da baseball – no, le palline non servono.

SENNA, letto

Mi piacciono tanto i Senna, realtà  ormai consolidata nell’ambiente indipendente in odore, almeno per il sottoscritto, di power-up discografico. La scrittura rimane di una delicatezza incredibile, capace di intelaiare liriche che si fanno musicali senza la pretesa di troppi artefici d’arrangiamento; poche cose rette da una ritmica esile quanto serrata, che aiutano le melodie a farsi guida dell’ascolto. Mi piace.

CIMINI, Limone

Mi piace anche il nuovo singolo di CIMINI, che in “Limone” ricorda un po’ la famosa citazione di Troisi sull’amore: invece che un calesse, il cantautore calabrese si trova in mano un limone che rende bene l’asprezza della contemporaneità , senza però smettere di pretendere da sè stesso un livello poetico che continua ad essere deliziosamente proletario. Insomma, bellezza per tutti senza pose di genere o di sorta. Come un cantautore vero, insomma.

GIORGIENESS, Tra chi fugge e chi resta

Cambia titolo in extremis al suo nuovo singolo Giorgieness, in segno di solidarietà  a ciò che sta succedendo a due passi da casa nostra, poco più a nord delle nostre sicurezze; il brano rotola bene, con empatica irruenza che cresce nel climax di una produzione che attinge a piene mani dai Novanta per contaminarsi di un pop leggero e allo stesso tempo pesantissimo. E’ così, che si fa la musica leggere: con idee che, il più delle volte, sono pesantissime.

KASHMERE, James Brown

Leggi il titolo del brano e pensi già  a qualcosa di irresistibile, che inevitabilmente ti farà  muovere testa, culo e gambe; premi “play” sull’esordio discografico di Kashmere, e capisci che le sensazioni iniziali circa “James Brown” non potevano essere più confermate di così: la canzone ha il piglio dei “bei vecchi tempi” (inusuale, vista l’anagrafica del ragazzo) ma uno slancio, nel trattamento dei suoi e della scrittura, che riporta il baricentro dritto dritto nel presente. Con lo sguardo aperto sul futuro, naturalmente.

CELESTE, UNIVERSO (Artemisia) (EP)

Nell’EP d’esordio di Celeste (nome da supereroe di Simone Furlani) c’è un po’ di tutto, e per questo è difficile che “Universo”, a primo ascolto, non risulti interessante per tutte le orecchie; quella di Celeste è una chimera (Artemisia?) che galoppa a spron battuto attraverso la trama di cinque tracce diversissime tra loro eppure in linea con l’obbiettivo principale dell’artista: restituire al pubblico qualcosa che non si incastri in una definizione generica che piuttosto sia capace di moltiplicarsi, a mo’ di prisma di rifrazione, in mille sfumature diverse. Un po’ come l’amore ballerino che il disco vuole raccontare. Un ottimo esordio, di certo, che preludia però ad ancor più interessanti risvolti: staremo a vedere, e ad ascoltare.

FRANCESCA MORETTI, Buio Dentro (EP)

Eh vabbè, Francesca è un “piezz “‘e core” e non poteva che confermare l’amore che provo per lei anche nell’ultimo giro di danze (per ora) di un progetto giovanissimo che, con tempi record, ha già  regalato al pubblico un EP d’esordio. Per chi ancora non l’avesse capito, l’ultima pubblicazione della Moretti chiarisce il talento di una penna in crescita capace di raccontare un’attualità  interiore che, a suo modo, diventa di tutti -o almeno, di chiunque almeno una volta nella vita abbia sentito il “buio dentro”. E direi che, di questi tempi, la sensazione appena descritta sia comune a tanti, se non a tutti.

FRANCESCO PINTUS, Tasche Vuote

Pintus è più che un cantautore – è un amico, ma non nel senso “elementare” del termine. E’ un amico, semmai, nel senso “greco”: c’è una filia tra noi che va oltre la semplice simpatia per estendersi ad una comunione di significati, sensi ed emozioni che rende ogni sua uscita, alle mie orecchie, già  mia. “Tasche vuote” è forse il testo più interessante tra quelli fin qui pubblicati, ma io che il suo disco d’esordio l’ho già  ascoltato vi posso assicurare che il meglio deve ancora venire.

BERNARDO SOMMANI, Mentre dormivi

Sommani fa tutto da solo, e dimostra di saperlo fare in barba a chiunque ogni giorno provi a rendere “impossibile” fare musica se non passando da strutture referenziate, squadre profilate e altre malsane associazioni a delinquere. Invece il talento vero fa così: si chiude in casa, ne fa un studio, racconta qualcosa di vero e lo sputa con amore in faccia ad un pubblico che non aspetta altro, nel 2022, che un po’ di sincerità . In “Mentre dormivi”, di sincerità  Sommani ne mette parecchia, al punto tale che alla fine del brano è impossibile non trovarsi ad asciugare una piccola, timida ma decisa lacrimuccia pronta a lanciarsi giù dalle guance.

I’M NOT A BLONDE, Speak Loud

Che vibrazioni pronte ad attraversare testa e stomaco, quelle messe in campo con un delizioso gusto da primi anni Dieci del Duemila da I’m Not A Blonde nel loro nuovo singolo: ci sono dentro cose belle, cose bellissime che guardano direttamente oltralpe e oltreoceano. Non ci sono troppi progetti, in Italia, capaci di fare le cose un po’ meno “all’italiana” di come siamo abituati: I’m Not A Blonde rientra di certo tra questi.


ROBERTO QUASSOLO, Anime alla deriva

Torna il rock’n’roll e lo fa galoppando sul dorso di Roberto Quassolo, vero e proprio stallone d’altri tempi per niente intimidito dalla dilagante tendenza all’appiattimento musicale degli ultimi anni e ben deciso a far valere, su tutto, la propria propensione per le cose fatte a propria maniera. Dopo tutto, il suo nuovo singolo parla proprio di “Anime alla deriva” che siamo noi, sempre pronti a seguire una corrente che può preludiare solo allo schianto. Più contemporaneo di così”…

KALDOREI, Lacrime d’argento

Solito piglio sospeso tra pop-punk e alt-rock quello di Kaldorei, che in “Lacrime d’argento” ripercorrono pensieri, tappe e momenti intensi della propria crescita nel tentativo di rendere d’argento anche il dolore: non si cresce senza strappi, e strappare talvolta è l’unico modo per ripartire, e ricominciare da capo con nuove consapevolezze.

CAROLA, Lacrime

Parlare di certe cose non è semplice, affatto. Anzi: spesso si tende a nascondere ciò che ci fa male logorandoci da dentro; nelle liriche di Carola prendono forma scenari angoscianti ma quanto mai sinceri, e si sente. Non si può parlare di dolori che non si è provati senza finire con l’essere stucchevoli e finti: Carola, invece, è verissima nel mostrare la propria carne lacerata.

ALCHIMISTA, Vertigine

Poche cose ma giuste a sostenere lo slancio autorale di Alchimista, che mescola pop mainstream con un certo slancio poetico che rende l’artista un ibridazione interessante tra più mondi. Certo, il margine di crescita del progetto merita di essere incoraggiato ad attuarsi, migliorando il presente: qualche peccatuccio di “semplificazione”, qua e là , si fa sentire ma nel complesso il brano è godibile, e si lascia ascoltare con piacere.

THE CLEOPATRAS, Kiss Kiss

AAAAH, sì! Era quello di cui avevo bisogno, oggi. Tornano The Cleopatras con un brano che argh, fa salire da dentro quella disperata tentazione di dar sfogo al proprio isterismo con derive lisergiche non da poco: insomma, quell’effetto devastante di cui è capace solo il punk fatto in un certo modo. Le timbriche vocali, poi, proiettano fin da subito tutta la scena in un film di Tarantino. Ditemi voi se è poco: a me, personalmente, fa impazzire.

MAZZOLI, Come sempre

Interessante il nuovo singolo di Mazzoli, che ricorda un po’ Cesare Cremonini e un po’ Galeffi con un timbro che però accarezza con efficacia, senza risultare mai stucchevole: interessante anche la scrittura, dotata di buoni incastri che certamente riescono ad alzare il livello generale della proposta. Insomma, è un “sì” che prende ancora più forza appena parte, con andamento funky, una ritmica ancor più incalzante per una climax che esplode nel modo giusto.

TOMMASO LA NOTTE, Pop Notturno (album)

Non potevo che chiudere il cerchio di Tommaso parlando, infine, del suo album: “Pop Notturno” è il capitolo finale e raccolta complessiva di un percorso fatto di tanti, tantissimi singoli; oggi si preferisce di certo la via del “consumo breve” a quella della narrazione discorsiva e più concettuale di un album, ma alla fine la verità  è che le cose finiscono sempre con il trovare il proprio posto quando la mano che le distribuisce è sincera: nel giro di brani di “Pop Notturno“, le tracce pubblicate prendono nuova vita disponendosi in un ordine che culmina, sul finale, con l’unico inedito del disco.

SISTO, Amsterdam

Anni Ottanta che tornano alla ribalta con un leggero (oddio, un po’ più che leggero) retrogusto di Tommaso Paradiso nel nuovo singolo di Sisto, che mescola efficacemente tempi, linguaggi e stili diversi per mettersi a nudo con tutto l’amore che ha addosso: l’odore del sesso rimane incollato alla pelle, e sin da primo ascolto il brano si fa godere piacevolmente.

GABS, Supereroe

Bel tiro per Gabs, che in “Supereroe” fa le cose per bene e si mette a nudo con una certa efficacia, sospeso tra sonorità  che oscillano tra l’hip hop e il rock di fine Novanta per la scelta di suoni e arrangiamenti: il ritornello è un bel tormentone, che tormenta però senza stancare. E non è cosa semplice.

TRAMONTANA, Cedere

Non mi dispiace nemmeno Tramontana, che mette in luce il proprio spirito r&b in un brano che attinge da fonti diverse per mescolare insieme canzone d’autore (alla Neffa) al mainstream (su tutti, Frah Quintale) con un certo slancio soul che fa piacere all’orecchio e al cuore.

SUGAR FOR YOUR LIPS, Spleen

Fuori anche l’album di Sugar For Your Lips, band che avevamo già  avuto modo di raccontare qualche bollettino fa: il titolo, non poteva essere più evocativo ed attuale di così perchè di “Spleen” ce n’è eccome in giro. Però nelle tracce di “Spleen” emerge anche la controparte di baudelaireano “ideal” che rende il primo lavoro sulla lunga distanza della band un manifesto personale piuttosto identitario. Utile la mattina per svegliarsi, la sera per non riuscire più ad addormentarsi.