Neanche la morte della “mente” Edgar Froese, scomparso poco più di sette anni fa, è riuscita a fermare i Tangerine Dream, che proseguono la loro ormai inarrestabile corsa con una formazione totalmente priva di membri originali. Diversi i lavori prodotti dal collettivo tedesco dal 2015 a oggi, tutti sotto l’attenta supervisione della vedova Bianca Froese-Acquaye. “Raum”, l’ultimo arrivato, va ad aggiungersi a una sterminata discografia fatta di colonne sonore per film e videogiochi (da “Risky Business” a “Grand Theft Auto V”), compilation, EP e full-length tradizionali.

A scriverlo e registrarlo ci hanno pensato i tre talentuosi artisti che hanno ereditato il non facile compito di mantenere in vita il leggendario “marchio” della musica elettronica: Thorsten Quaeschning, Hoshiko Yamane e Paul Frick. Nate nel lunghissimo inverno pandemico, le sette tracce interamente strumentali di “Raum” provano a trasportare l’ascoltatore in un mondo dominato da atmosfere notturne ma sempre e costantemente quiete. Non ci sono ombre o disturbi a gravare sul denso sound digitale messo a punto dai nuovi Tangerine Dream, autori di un lavoro che punta a essere totalmente immersivo senza per questo risultare pesante.

I toni eterei prevalgono su un’oscurità  che a tratti si percepisce appena, totalmente in secondo piano rispetto alle eleganti e sorprendenti evoluzioni melodiche dei synth dei polistrumentisti Quaeschning e Frick. L’aria si fa particolarmente cristallina negli ultimi sette minuti di “In 256 Zeichen”, ovvero la traccia più importante (e, di conseguenza, notevole) dell’album: un oceano di note dolci e rassicuranti che arriva al termine di un intricato gioco di sovraincisioni tra i sequencer e il violino di Yamane.

I suoni acidi ma leggeri di “Continuum” e “Portico” ci proiettano negli ambienti cosmici da sempre cari ai Tangerine Dream, ricchi di quei passaggi inaspettati ed estremamente suggestivi che, con enorme piacere, troviamo anche nell’eccellente “You’re Always On Time”, un pezzo che riesce a muoversi tra sapori di nuevo tango e un epico finale synthwave che non sfigurerebbe in alcun modo nel sottofondo di una scena di un film alla “Drive”.

I ritmi ossessivi, pulsanti e dal gusto analogico di “Along The Canal” e “What You Should Know About Endings” ““ brani in cui si avverte in maniera forte il legame con la grande elettronica del passato ““ fanno da perfetto antipasto al quarto d’ora della monumentale title track posta in chiusura d’opera. Monumentale perchè costruita in modo tale da sembrare effettivamente “gigantesca” ““ quasi solenne e cinematografica nel suo continuo ricorrere ai bassi ultra-profondi di scuola Moog.

Che altro aggiungere? Non ci resta che consigliare a tutti l’ascolto di questo disco di assoluto livello. Sonorità  vintage, ma ancora incredibilmente moderne, che faranno godere tutti gli orfani del compianto Edgar Froese. La sua impronta, d’altronde, è ben presente anche in queste composizioni: alcune idee di “Raum” nascono proprio dal materiale inedito conservato nei suoi sterminati archivi.

Photo Credit: Julian Moser