Che il progetto Ghostly Kisses meritasse la nostra attenzione era chiaro fin dalla scelta del nome d’arte, preso dalla scrittura di William Faulkner e la sua “Une ballade des dames perdues”, tanto intima quanto misteriosa. A solleticarci, in realtà , non sono state solo tali nobili premesse ma anche un percorso musicale intenso, etereo e soave, che ha visto l’artista canadese Margaux Suavè muoversi alla perfezione nel sottile confine tra il dream-pop e l’avant-pop in una lunga serie di EP e brani. Dopo lunga attesa è finalmente arrivato l’esordio, “Heaven, Wait”, che non ha affatto deluso le tante attese.

Gabriel Garcà­a Márquez diceva che “Colui che aspetta molto può aspettarsi poco“. Vero. Ma non questa volta. Margaux Suavè si è fatta attendere per questo album d’esordio, è vero, ma è riuscita a lasciarci senza fiato, ammaliati dal suo candore, dalla sua voce così eterea e dal suo passo leggero scandito spesso dal piano e talvolta da morbidi synth in odore di folktronica leggera. Suggestioni incantevoli e ipnotiche, in cui un mondo carezzevole nasconde un forte messaggio di speranza e di attenzione a quei piccoli particolari che si caratterizzano poi nelle basi ritmiche e negli arrangiamenti delicati che fanno capolino.

Margaux, con la grazia e l’eleganza che ci aspettavamo, risponde alle nostre domande.

(L’intervista, nella sua forma originale, è stata pubblicata sul numero 499, marzo 2022, di Rockerilla)

Ciao Margaux! Come stai? Come gestisci questa situazione legata alla pandemia?
Ciao Riccardo, sto bene, grazie. Diciamo che, come tutti, ho avuto i miei alti e bassi durante la pandemia. Tuttavia, fare l’album è stato il mio aiuto e la mia motivazione principale. Ora, sono davvero felice che sia finalmente stato condiviso con tutti. Io non sono una che guarda le recensioni, il mio pensiero va solo e sempre ai fan, sono grata che possano ascoltare il mio disco e che trovino un legame con la mia musica.

Ricordo di aver letto di te, per la prima volta, nel settembre 2017. Possiamo tranquillamente dire che non hai avuto fretta per arrivare a questo esordio.
Negli ultimi anni, fare degli EP mi ha permesso di imparare molto, provare diverse idee e anche di fare errori, qualche volta. Ad un certo punto, nel 2020, io e il mio partner Louis-à‰tienne Santais abbiamo finalmente capito che eravamo pronti a tuffarci nella creazione del mio primo album ufficiale.

Se ti guardi indietro e giudichi il tuo modo di scrivere musica, come pensi che sia cambiato?
Sicuramente è cambiato molto. Si è decisamente raffinato. Come ti dicevo prima, questi anni, realizzando svariati EP, sono stati realmente formativi. Il mio lavoro di squadra con Louis-à‰tienne Santais, Vann Delorey e Alex Ouzilleau si è anche sviluppato al meglio, abbiamo trovato il nostro modo perfetto di lavorare insieme e soprattutto abbiamo imparato a comunicare bene tra di noi, l’un l’altro. Tutte queste cose hanno contribuito a creare un album più vicino alle nostre aspettative e più profondo.

Inizierei parlando della copertina dell’album. Un’ascesa dal buio, dalle profondità , alla luce, alla superficie: è questo che rappresenta il tuo disco? Un viaggio catartico di speranza e positività ?
Assolutamente si, volevo che la copertina rappresentasse il concetto generale intorno alla scrittura e un viaggio dall’oscurità  alla luce. “Heaven, Wait” parla di transizioni e cambiamenti, riecheggiando un’evoluzione nella mia vita personale. Sulla copertina, io salgo verso la luce, verso un percorso più positivo e luminoso, che è davvero il punto centrale delle canzoni.

Hai citato i tuoi brani, ecco spesso questi sono così pieni di malinconia e si muovono realmente in punta di piedi, ma in ogni canzone sento come una forza nascosta, qualcosa che riesce sempre ad entrare nel cuore e nella mente dell’ascoltatore e lo spinge, con caparbietà , a credere di più in sè stesso. Ecco quindi che io sento, in egual misura, forza e vulnerabilità  nella tua musica. Forse faccio fatica ad esprimere quello che voglio dire, lo so, pensi di aver capito cosa intendo?
Credo di capire cosa intendi. C’è realmente molta intensità  nella mia musica, soprattutto perchè scrivo di emozioni che sono reali e che ho provato veramente e profondamente in passato. Tuttavia, e hai ragione, le canzoni sono presentate in una veste leggera e morbida, che penso renda interessante questa opposizione che citavi tra forza e dolcezza.

Dici che la gran parte di quello che scrivi ora viene dalle tue esperienze personali e dalle tue emozioni, ma c’è anche qualcosa intorno a te che è stato fonte di grande ispirazione? è difficile per te raccontare la tua storia personale in una canzone?
La forza trainante dietro la musica e i testi sono le mie storie personali, eventi difficili e problematici, insomma quello che mi ha riguardato. Tuttavia, per questo album, sento di essere stata in grado di scrivere dei “fatti miei”, ma con una certa distanza, come se li guardassi da esterna. Sento di aver fatto pace con molte cose difficili della mia vita, il che mi dà  più spazio per andare più a fondo in certi argomenti senza, per forza, sentirmi sovraccaricata.

Forse mi sbaglio, ma la tua musica mostra l’immagine di una donna molto dolce che presta attenzione ai piccoli dettagli, capace di osservare e mettere insieme tanti piccoli pezzi. Il tuo carattere riflette quanto ho colto nei tuoi brani?
Sì, assolutamente. Mi piace il fatto che ci si possa immergere nell’universo di Ghostly Kisses e che si possano collegare i punti su molti livelli e molti dettagli. Per esempio, ti dicevo prima che l’album parla di cambiamenti, di passaggi, ecco, già  nel titolo, “Heaven, Wait”, per me la virgola era un elemento molto importante, fondamentale per dare dinamismo al titolo. Capisci quindi che fin dal titolo stesso c’è l’idea di movimento, che inevitabilmente diventa il tema dell’album.

Addentriamoci nel disco. Nei tuoi precedenti lavori sei sempre stata molto attenta agli arrangiamenti e in questa uscita credo ci sia un ulteriore passo avanti anche nella tua costante sperimentazione, penso al ritmo trascinante di “Carry Me” o le sonorità  orientali di “Blackbird”. Cosa ne pensi?
Ti ringrazio per aver citato questi due brani, i cui arrangiamenti sono frutto del lavoro meticoloso di Louis-à‰tienne Santais. Ha molto talento e nel corso degli anni, anche alla luce di svariate esperienze, il suo stile di produzione si è affinato e ora penso che si senta più sicuro di rischiare e di andare fino in fondo con le sue idee su un particolare stile e suono. Così è accaduto.

“Green Book” è incredibile. Toccante e struggente. Mi dà  i brividi ogni volta. Mi parli della genesi di questa perla assoluta?
Louis-à‰tienne ha scritto gli accordi del piano e la melodia principale e me l’ha mandata. Poi, io ho adattato la melodia vocale e ho scritto il testo. Quando ho sentito per la prima volta la melodia vocale, ancora senza parole precise, sentivo già  che la canzone stava raccontando una storia. Per scrivere il testo ho semplicemente seguito quell’istinto.

Il piano è sempre un elemento importante nella tua musica, ma la chitarra non manca, anzi, in “Don’t Know Why” è l’elemento principale, con il suo suono e la melodia. Cosa, per te, unisce questi due strumenti?
Sono cresciuta con un pianoforte in casa, tutt’ora è davvero lo strumento principale di Louis-à‰tienne e me per composizione. Tuttavia, amo la chitarra e trovo sempre interessante sentire le nostre canzoni quando sono anche interpretate sulla chitarra. Le risonanze sono un po’ diverse, ma non mi disturbano. Per “Don’t Know Why” ho proprio sentito, percepito, che la chitarra classica dovesse essere lo strumento principale.

In passato avevo letto paragoni per la tua musica ai Portishead o ai Royksopp, ultimamente ho letto anche Billie Eilish e London Grammar. Ma è vero che Hannah Reid è il tuo modello di riferimento nel canto?
Ho iniziato a cantare dopo aver sentito il primo album dei London Grammar. Il suo modo di cantare mi ha convinto che potevo farlo anch’io, anche se non avevo la voce potente di una cantante pop. Mi ha davvero aiutato ad aprire gli occhi per trovare la mia voce e che questa sarebbe stata in realtà  una forza e non una debolezza.

Ce lo stai svelando in questa chiacchierata, ma è giusto ribadire quanto le figure di Vann Delorey e Louis-à‰tienne Santais siano importanti nella creazione della tua musica…
Sono assolutamente essenziali. Tutta la musica la facciamo insieme. Dopo molti EP e dopo tanti brani nati insieme ci conosciamo davvero e soprattutto sento che il nostro legame ci spinge a dare il meglio di noi stessi.

Grazie mille ancora Margaux per la tua gentilezza. Chiudo la mia intervista con una curiosità . Anni fa chiacchieravo con un cantante svedese che mi disse che lui andava sempre in giro con un taccuino in tasca per scrivere le cose che lo colpivano di più durante il giorno, per non dimenticarle. Mi sbaglio o anche tu ami scrivere le cose su un quaderno?
Hai ragione, io comincio sempre a scrivere partendo proprio dalle mie note sulla carta, sì. è il modo migliore, per me, di essere davvero concentrata sul momento presente, su quello che sto vivendo in quell’attimo. In realtà  possono passare lunghi periodi senza che io scriva nulla, ma poi, quando ricomincio, sento come un’esplosione di idee e ho tantissime cose da dire.

Photo Credit: Fred Gervais