Domenica sera e, per iniziare bene la nuova settimana, facciamo una veloce trasferta a Padova, dove stasera suoneranno gli UV-TV: la band originaria della Florida ha pubblicato lo scorso maggio il suo terzo LP, “Always Something” e, dopo tutti questi mesi, riesce finalmente ad arrivare anche nel vecchio continente a presentarlo.

Il loro tour è iniziato proprio ieri sera da Roma e quella di oggi è solo la seconda di numerosissime tappe che li aspettano nelle prossime settimane: il Nadir è un circolo Arci situato a pochi passi dalla stazione della città  veneta ed è diviso tra un’area bar e una sala concerti di piccole dimensioni, ma comunque gradevole.

Il pubblico padovano sembra rispondere bene al richiamo del concerto riempiendo discretamente la sala per la gioia dei giovani statunitensi che, giunti per la prima volta in Italia, probabilmente non si aspettavano già  questo buon numero di fan.

“Always Something” è il primo LP scritto dopo essersi trasferiti a NYC ed è stato creato nel 2020 durante il primo lockdown e, come disse la band lo scorso anno in fase di presentazione, “cammina su una linea sottile tra bellezza e caos”: dopo averli ascoltati sia su disco che dal vivo possiamo confermare che la sensazione è precisa.

Il live del trio statunitense comincia quando sono quasi le undici e mezza e ad aprire c’è “Overcast Forever”, la opening-track del loro album pù recente, che sarà  giustamente il principale protagonista della serata: la chitarra jangly di Ian Bernacett e il drumming insistito e veloce di Ian Rose accompagnano la voce di Rose Vastola, che inizia subito a portarci verso mondi magici e sognanti.

Non puo’ ovviamente mancare poco dopo il fantastico singolo “Distant Lullaby” che, come abbiamo scritto anche lo scorso anno in fase di recensione, ci ricorda le cose più belle degli Alvvays, ma anche il delizioso noise-pop di Kip Berman e dei suoi Pains Of Being Pure At Heart: il coretto poi è qualcosa a cui è impossibile resistere tanta è la sua bellezza melodica.

Dopo un intro piuttosto cupo, sono le chitarre cristalline a ridare un po’ di colore a “Holland Sunday”, che rimane comunque tranquillo e meditativo, così come i vocals della Vastola.

L’atmosfera si fa bella decisa con le chitarre grintose che caratterizzano “Always Something”, title-track del loro nuovo LP, però sempre perfetta a livello melodico.

Subito dopo è “World”, unico estratto della serata dal loro sophomore “Happy”, che ci dimostra un lato più veloce e intenso della band di stanza nel Queens, con l’aggressività  che aumenta pian piano soprattutto nel drumming: la voce di Rose resta comunque dolce, benchè sia qui coperta da un velo di malinconia.

Ci pensa “Plume” a chiudere il main-set: inizialmente molto soft e gentile, cresce con il passare dei secondi e diventa incredibilmente noisy e devastante, ancora più che sul disco.

Tempo ancora per un breve encore con un paio di canzoni estratte dal loro debutto “Glass” (2017) e arriva il momento dei saluti.

Una cinquantina di minuti in cui il trio originario della Florida ci ha portato nel suo magico mondo indie-pop, incantandoci con ottime melodie incastonate tra suoni cristallini e piacevoli e altri rumorosi e caotici. Una serata da ricordare.