Talmente forte è stata la frustrazione di Grant Nicholas e Taka Hirose nei confronti delle restrizioni e dei lockdown per contrastare l’infuriare della pandemia che hanno deciso di scriverci su un intero disco. A rendere davvero incendiari i dieci brani di questo “Torpedo” ““ undicesima fatica in studio per i Feeder ““ è quindi la rabbia che ha consumato gli animi dei   due ancor rilevantissimi esponenti della vecchia scena post-britpop, costretti ad annullare la tournèe di supporto al fortunato “Tallulah” e a trascorrere buona parte del 2020 rintanati in casa.

Allo sconforto e al senso di impotenza provato da tutti gli abitanti del pianeta Terra in quei disgraziatissimi mesi, i Feeder hanno risposto con una raccolta di canzoni così forti e urgenti da aver letteralmente soppiantato quelle che erano già  state finite nelle ultimissime settimane dell’era pre-COVID che, come annunciato dalla band, ascolteremo solo nel 2023.

Per il momento accontentiamoci pure di “Torpedo”, un album di sostanza e di impatto che conferma l’ottimo stato di salute del duo. Non si segnalano singoli ““ o potenziali singoli – all’altezza del loro glorioso passato, ma una cosa è certa: gli ultracinquantenni Feeder sanno ancora il fatto loro. E ce lo dimostrano ampiamente nei pezzi più incisivi del disco, dominati da una furia grunge così distruttiva da sfociare, in alcuni passaggi, in vere e proprie esplosioni metalliche (“Magpie”, “Decompress” e la devastante title track, che parte con un bel riffone in salsa hardcore).

è l’energia il denominatore comune di “Torpedo”, un lavoro solido e convincente che scorre via in una quarantina di minuti assai piacevoli non privi di scossoni degni di nota. Una reazione di pancia a uno dei periodi più bui e deprimenti della storia moderna; un’epoca difficile e piena di sfide che i Feeder affrontano con il coltello tra i denti senza però mai dimenticare una classe melodica che prende il sopravvento nei brani più elaborati dell’opera, dove la chitarra elettrica di Grant Nicholas si lascia “addomesticare” (ma neanche troppo”…) dai toni epici del miglior arena rock (da non perdere “The Healing”, giustamente posta in apertura, ma consigliate anche “Submission” e la delicata “Hide And Seek”) e da un power pop ruggente e di chiaro stampo feederiano, in perfetto equilibrio tra brit rock e post-grunge (“Born To Love You”, la psichedelica e complessa “When It All Breaks Down” e “Wall Of Silence”, semplicemente deliziosa). Ennesimo colpaccio da parte dei Feeder, che riascolteremo l’anno prossimo con qualcosa di probabilmente altrettanto valido.