Freschi di pubblicazione del loro primissimo album “I’m Not Sorry I Was Just Being Me” , i King Hannah passano subito da noi per presentarcelo.

Arci Bellezza Milano is the place che li ospita stasera e loro sono un duo di Liverpool che ha catturato l’attenzione, sicuramente della critica più attenta e già  una fetta di quel pubblico interessato a proposte non convenzionali, fuori dalle mode o dagli schemi.

I King Hannah non ce la mandano a dire e licenziano un esordio già  maturo e senza dogmi, un disco underground nel vero spirito di quelle cose che nascono dal basso, senza farsi troppe domande, sono talentuosi e con personalità  da grande squadra, tanto da convincere la storica City Slang a metterli sotto contratto si dal primissimo ep.

Folk blues, alt rock e trip hop che si fondono con una certa riot giovanile.

I Portishead, la divina Hope Sandoval o la musa P.J. Harvey a fare da chioccia, con l’ambizione e la consapevolezza di provare ad emulare carriere così mastodontiche.

Hannah Merrick ha quella voce particolare, non convenzionale, lontana dai classici colori di una performer femminile e questo la rende ancora più accattivante e ricercata, in concerto va anche oltre la registrazione stessa, dove già  convince appieno, arrivando ad essere, a mio parere, clamorosa per resa sonora e attitudine, poco da aggiungere; da contraltare, invece, il partner di questo sodalizio artistico, Craig Whittle, è un chitarrista d’altri tempi, esattamente come se Neil Young suonasse con i Sonic Youth, esaltandosi nelle trame accompagnatorie e sui finali apocalittici da gioventù sonica.

Il concerto è ragionevolmente impostato tutto (o quasi), sulla tracklist del loro album apripista, fatta eccezione per una cover del boss “State Trooper” dal capolavoro “Nebraska” stravolta, reinterpretata, resa propria, com’è giusto che sia, e posizionata per seconda.

Sul palco in formazione canonica di quattro elementi, con l’aggiunta di basso e batteria, felici per l’accoglienza del pubblico italiano per questa prima data in assoluto da noi.

Apre “A Well-Made Woman”, la stessa opening track del disco, con il cantato post pop di Hannah a mettere subito le cose in chiaro, “Foolius Caesar”, la loro personale “Glory Box”, arriva per quarta, e ci riporta subito alle atmosfere di Bristol stravolte e più rumorose nella dimensione live.

C’è spazio anche per i primi episodi dall’ep “Tell Me Your Mind And I’ll Tell You Mine” come le ipnotiche “The Sea has Stretch Marks” e “Crème Brulee”, due suite dilatate e sussurrate dalle parti di un ipotetico post-rock moderno, abbastanza diverse dal futuro successivo album più rotondo e conciso, ma sono dettagli.

Non poteva mancare come secondo bis, a mio avviso, il loro brano migliore, quella title track di “I’m Not Sorry I Was Just Being Me” con una felicissima costruzione armonica quasi da insolito sing along, molto probabilmente una delle canzoni dell’anno.

Saranno una next big thing da nome di prima fascia per i prossimi futuri festival? Difficile dirlo proprio perchè il genere che ripropongono, a differenza del fortunato post-punk, chiama un pubblico assolutamente over come età  anagrafica, quindi potrebbe tranquillamente non essere un paese per giovani o per folle oceaniche, ma che siano già  una big thing di fatto non c’è dubbio.

Photo Credit: Lino Brunetti