Il live dei Krafwerk più che un concerto tradizionale è un’esperienza sonora. Diciamo che smessi i panni degli artisti, nel senso canonico del termine, dato che non pubblicano musica nuova da quasi una ventina d’anni, stanno replicando lo stesso show per diversi tour, una sorta di museo sonoro in messinscena, per far conoscere ai più giovani e non solo, il messaggio rivoluzionario che ha cambiato, di fatto, l’evolversi della musica elettronica sin dagli esordi più di mezzo secolo fa.

Assolutamente pionieri e alfieri del cosiddetto krautrock fondamenta imprescindibile per tutto quello che è venuto negli anni a seguire, una sorta di Beatles della musica sintetica.

Originari di Dà¼sseldorf, carriera all’avanguardia e territori esplorati con la ricerca sempre in primo piano, fondamentale dogma seguito alla lettera.

Ultimamente portano in giro questo show unico in tridimensionale (3D) con dotazione dei classici occhialini usa e getta, quelli da sala cinematografica, uno di quegli spettacoli a cui assistere che non capita proprio tutti i giorni, quindi imperdibili quanto sempre futuristi sotto questo punto di vista.

Ad ospitarli per questa data milanese il teatro moderno per eccellenza, gli Arcimboldi, ben due repliche previste, recuperate dal 2020, entrambe sold out, con un pubblico trasversale, misto dagli affezionati di sempre con tanto di prole al seguito fino ai curiosi di capire cosa sono o sono stati i Kraftwerk.

La scaletta è un classicissimo best of, andando a pescare, qua e la, tutti o quasi gli episodi più significativi dell’intera produzione, anche quelli più adatti all’evolversi delle spettacolo stesso, un paio sicuramente di dominio pubblico, che credo in tantissimi anche distrattamente abbiano intercettato anche solo una volta nella vita e mi riferisco alla bellissima “The Model”, che, sebbene abbia avuto un vestito all’avanguardia o comunque ostico magari per certi network radiofonici, rimane una signora canzone pop, una hit vera e propria, con una costruzione armonica perfetta, non a caso accolta a furor di popolo, quindi “Radioactivity” che è anche la title track di uno dei dischi più importanti del lotto, ma anche una dei capisaldi dell’intera produzione “Autobahn”, altra rasoiata, o la stessa “The Robots”, lanciata come sorta di videoclip in tempo reale con ballerini icona sul soppalco, senza la presenza degli stessi Kraftwerk, o anche la parentesi dedicata a “Tour de france”, ultimo lavoro in studio, c’è davvero tutto il loro mondo in due ore esatte.

Quattro musicisti con altrettante postazioni, granitici e glaciali, come il copione impone, vestiti rigorosamente uguali, suonano parte dello show, che, torno a ripetermi, non è un vero e proprio live, o almeno io lo percepisco così, diciamo che il confine tra piece teatrale e concerto è molto sottile.

E’ sicuramente un viaggio nella musica elettronica che fu, ma anche in quella presente, sia nelle più recenti composizioni degli stessi Kraftwerk (comunque anni zero), o nei suoni assolutamente familiari rimasticati da tantissimi artisti odierni che hanno pagato un grosso tributo al collettivo di Dusseldorf.

Quindi parte fondamentale, assoluta co-protagonista sono i visual, che assumono spesso e volentieri la tridimensionalità , che da appunto il titolo al tour, che rende il tutto ancora più divertente e coinvolgente.

Siamo davvero davanti ad un pezzo di storia della musica moderna, uno di quei progetti che probabilmente tra mille anni verranno ancora ricordati, analizzati e studiati, non c’è dubbio.

Gli Arcimboldi sono un teatro progettato ad hoc e adatto a questo tipo di proposte, il suono era più che buono (sebbene avessi letto qualche critica sulla data precedente), fermo restando che l’accoglienza degli stewart carabinieri incattiviti, non è stata delle migliori, sorvoliamo sulla scomodità  delle sedie spacca ginocchia, il tutto condito da sassate non indifferenti per quanto riguarda il costo dei biglietti, venduti a peso d’oro, come dire, capiterà  di tornarci, ma speriamo il meno possibile.