Con “Rio” iniziò il periodo d’oro dei Duran Duran che li renderà  famosi in tutto il mondo ed oggetto di culto per un infinità  di ragazzine.
Un fenomeno e un successo che all’epoca spingerà  verso il basso le considerazioni verso una band che in realtà  aveva molte qualità  e che proprio con “Rio” saprà  realizzare un album pieno di pezzi riuscitissimi.

La band aveva esordito l’anno precedente con l’album omonimo e aveva attirato già  l’attenzione dei media. Completamente immersi nella corrente new romantic apparivano come una forma più immediata e pop dei Japan: noi   li avevamo conosciuti entrambi grazie a Mr. Fantasy di Carlo Massarini insieme a tanti altri artisti ma, sinceramente, io ero più affascinato da David Sylvian e dal basso di Mick Karn.

Quando i Duran tornarono con questo secondo album confesso che non mi impressionarono, mi feci registrare una cassetta che ascoltai anche con piacere ma i miei ascolti era ormai rivolti ad altro (soprattutto Talking Heads e Cure che erano nel loro momento top) e il loro sound per quanto piacevole e divertente non era sufficiente ad entusiasmarmi.

Ai Duran riconoscevo una forza mainstream notevole, essendo belli, bravi e con pezzi che sicuramente potevano raggiungere un vasto pubblico era facile prevedere un grande successo per questa band, un successo che li trasformerà  in un fenomeno di massa e oggetto di culto delle ragazzine.

Il singolo che aveva anticipato l’album “My Own Way” comunque non aveva aiutato la causa, una scelta strana che non aveva creato poi grande attesa, aveva raggiunto il quattordicesimo posto in Inghilterra e non era andato meglio nel resto del mondo, sarà  “Hungry Like The Wolf” con il suo video ispirato al film di Indiana Jones, uscito l’anno prima, ad andare in rotazione su MTV e a far partire la locomotiva Duran Duran.

“Save a Prayer” sarà  il terzo singolo e uno dei pezzi migliori dell’album, il synth e il velo di tristezza nel cantato di Simon Le Bon sono una combinazione affascinante, e un brano che insieme a “New Religion” svelano una certa ammirazione che la band aveva per i Japan che hanno saputo però indirizzare verso un sound più adatto al grande pubblico e al mainstream.

Quando uscirà  il terzo singolo “Rio” verso la fine del 1982 i Duran Duran sono ormai popolarissimi, questo quarto estratto sarà  la ciliegina sulla torta, il brano funziona perfettamente e insieme a “Save a Prayer” è tra i brani migliori dell’album, il ritornello è irresistibile e la base ritmica, aiutata dalla chitarra, perfetta, tutta la costruzione del brano svela la bravura della band.

Il video che lo accompagnerà  li vedrà  elegantissimi suonare su una barca a vela in mezzo all’oceano, ormai pronti per la moltitudine di fan in tutto il mondo .

A distanza di anni riascoltarli è sempre piacevole, all’epoca i Duran finiranno in un tritacarne insieme ai meno validi Spandau Ballet che saranno ad arte proposti come un loro surrogato, e il loro momento d’oro si esaurirà  nel giro di alcuni album non rendendo pienamente giustizia ad una band validissima.

Il tempo invece renderà  loro merito (il 5 novembre entreranno nella Rock & Roll Hall of Fame), anche nei confronti di chi come me, in fondo, in quegli anni li snobbava, “Rio” segna un epoca ed è l’espressione più compiuta, nel bene e nel male, di quello che stava accadendo, la trasformazione degli artisti sperimentali e innovativi dei fine anni 70 e inizi anni 80 in fenomeni mainstream, capaci finalmente di riempire, chi prima e chi dopo, gli stadi e i conti in banca.

Data di pubblicazione: 10 maggio 1982
Registrato: Air Studios, Londra
Tracce: 9
Lunghezza: 42:24
Etichetta: EMI
Produttore: Colin Thurston

Tracklist

1. Rio
2. My Own Way
3. Lonely In Your Nightmare
4. Hungry Like The Wolf
5. Hold Back The Rain
6. New Religion
7. Last Chance On The Stairway
8. Save A Prayer
9. The Chauffeur