Chi ha paura dei Rough Enough? Ormai giunti alla terza fatica dopo “Get Old and Die” e “Molto Poco Zen” i siciliani Fabiano Gulisano e Raffaele Auteri realizzano un nuovo disco sonoramente rabbioso, dai margini ruvidi e sporchi, allergico ai compromessi e alle popolari sirene melodiche. L’incontro con Franz Valente (uomo de Il teatro degli orrori, One Dimensional Man, LUME, Robox, Buà±uel, Love in Elevator) qui nel ruolo di musicista e produttore ha fatto crescere e reso più solido il sound del duo, spingendolo verso soluzioni non scontate.

L’impeto malandrino è quello di sempre, fin dal singolo “Ubi maior minor cessat” con Ufo degli Zen Circus al basso e il groove creato dalla chitarra squadrata e distorta, dalla batteria nervosamente suonata. Essenziale, vigoroso, ma ben più psichedelico “Hic et nunc” dichiaratamente ispirato dal suono secco e potente degli Uzeda da sempre simbolo di duro lavoro e poche smancerie. Urgenza e insoddisfazione, voglia di rivalsa nell’eterna lotta contro se stessi ammantano la muscolare “Parabellum”, “Distanze”e “Per difetto” in un sabba che mette in pista echi di Ministri e Pan Del Diavolo.

E’ diventata un filo meno immediata e più riflessiva la musica dei Rough Enough, un cambiamento evidente in “Vizio di forma”, “Excrucior” e “Nel mio dimenticatoio” ma sembra un’evoluzione naturale non un sacrificio. “Che La Testa Ti Sia Lieve” resta un disco sudato e onesto, che alle mode preferisce la concretezza di dieci brani rocciosi che hanno il DNA giusto per salire sul palco a testa alta e senza timore.