è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor”, di “Iosonouncane meno male che esisti”, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni”, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

IBISCO, Darkside Emilia (album)

Re-pack del fortunato e brillante disco d’esordio per Filippo, che stasera presenta sul palco del MIAMI il suo lato spirituale, esoterico e ieratico – figlio riconoscibile e riconosciuto di un certo tipo di ascolti che da sempre consumano e si lasciano consumare dalle orecchie di Ibisco – aggiungendo tre brani inediti e un remix alla tracklist già  mistica di “Nowhere Emilia“: si uniscono alla festa distopica di Ibisco il brano prodotto da Cosmo, “Darkamore”, e le sorelle inviperite “Godere” e “Droga + Solitudine”, utili ad alzare il coperchio di un vaso di Pandora che aspetta solo di essere spalancato. Intanto, godiamoci questa sbirciata nel futuro di un progetto che continua a regalare colpi di classe, dando respiro ai nostri cuori atrofizzati da troppa musica di merda. Ops, l’ho detto di nuovo!

MYSS KETA, Club Topperia (album)

Chiaro che ci sia della classe pura (e una non indifferente disciplina), in mezzo a tutto questo ostinato “folleggiare”: Myss Keta apre un bar virtuale, il suo, dove serve solo hit – a larghi, larghissimi tratti grottesche – sorseggiando Margarita e gin tonic insieme ad amiche e amici del magico mondo dello spettacolo nazionale; se vi aspettate una cosa rivoluzionaria, non la troverete: la formula magica, ormai, la Myss più ardita della scena l’ha individuata e pare non volersene distaccare. Il quid di novità , però, è dato dalla compagnia di artisti di cui Keta ha saputo circondarsi, restituendo nuova linfa espressiva (per obbligo di cose) ad una proposta che continua comunque a divertire, e quindi a raggiungere il suo obbiettivo poetico e culturale.

ELASI, Oasi Elasi (EP)

Dopo il disco d’esordio “Campi Elasi“, la cantautrice alessandrina torna a mettere in orbita la propria voce cercando nuove fonti alle quali abbeverarsi, nuove oasi espressive che riescano a preservarla dalla dilagante mediocrità  musicale contemporanea; il risultato sta tutto nella cinquina di brani che Elasi mette in saccoccia, cavalcando con le solite doti di funambola linguaggi diversi, che intrecciano mondi musicali differenti (con artisti diversi, provenienti da parti diverse del creato) nella chiave efficace di un’elettronica che si impregna di poesia grazie alla matrice autorale che da sempre contraddistingue la scrittura di Elisa.

FRANCESCO BIANCONI, CLIO, Ciao

Passo a due tra il santone del nuovo cantautorato italiano e la francese Clio, che sfocia nelle immagini come sempre azzeccate ed evocate di “Ciao”, brano d’altri tempi che rimanda con la memoria alle canzoni appassionate degli anni Sessanta. C’è una bella intesa vocale fra i due, e l’amalgama risulta davvero alchemicamente piacevole. Da apprezzare anche nella versione francese, anche se la dizione italiana di Francesco pesa come un macigno sulla leggerezza di libellula di Clio, e forse va bene così.

GIONATA, Per qualche giorno

Torna anche Gionata, con un singolo che pare invettiva contro ogni forma di immobilismo, con un cantato che ricorda il songwriting di oltreoceano di fine Novanta, inzio Duemila; dentro, ci sono influenze efficaci a dimostrare la pluralità  di voci e direzioni che animano dall’interno l’artista, certamente non avvezzo a ripetersi, anzi. Ci sono tutti i requisiti per un album che farà , ancora e di nuovo, parlare di lui. Perchè lo merita, dai.

NUBE, DEN, Specchi

Oh, raga, a me “‘sta canzone fa morire: parte che sembra un brano di quelli ultra pop, sospeso tra sogno e realtà  ma con i piedi ben poggiati nel mainstream (e, dopotutto, gli storici di entrambi gli artisti- anche se per vie diverse – sembrerebbero confermare la ricerca di un certo tipo di linguaggio, e di resa finale), poi arriva il ritornello e ti vedi di fronte le discese ardite e le risalite che solo chi naviga libero può intraprendere; c’è una sorta di eroismo, di mantra, di preghiera nell’inciso di “Specchi”, e funziona eccome. Io, per esempio, lo so già  a memoria.

MALPELO, Antistaminico

Volevate un modo per affrontare l’allergia alle cose tipica della nostra generazione in fuga da pericoli, sogni, responsabilità  e ambizioni solo per paura, ancora una volta di fallire? Bene, Malpelo torna con un secondo singolo utile ad anestetizzare, con una giusta dose di scanzonata irriverenza che cela in piena luce una latente amarezza, tutti i nostri pruriti da millenial; dentro, ci sono (per rimanere in tema) “influenze” per tutti i gusti, a confermare la versatilità  espressiva di un progetto da seguire. Ah, e Malpelo sembra anche dirci che, ufficialmente, dal ritornello del brano in poi comincia l’estate”…

BIAGIO, Come farsi appendere con sette semplici canzoni (album)

E che gli vuoi dire a quel piccolo genietto di Biagio, uno che ha preso due molliche di pane e ci ha fatto un forno attivo H24, uno che dagli inciampi crea dei monumenti alla caduta, che se si morde la lingua lo fa per bestemmiare ancora più forte? Biagio fa tutto con una naturale spensieratezza tale da rendere divertenti tematiche che, a loro modo, oscillano tra il disastro e il tracollo: dentro a queste sette “semplici” (apparentemente) canzoni si cela un mondo fatto di autoironia, trash calibrato, denuncia di un universo interiore che, appena premi “play”, ti accorgerai essere trasversale a te, a lui, a tutti noi che preferiamo ridere per non piangere. E ci siamo detti tutto, o quasi, o forse non ci siamo detti nulla: ascoltatevi il disco, perchè l’ha prodotto Stefanelli e perchè Biagio ci resta male se non lo fate, e poi vi perdereste un’occasione troppo ghiotta per evitare di finire nelle solite pose musicali da weekend mainstream”…

UINO, Le stanze dentro Ikea

Primo singolo per il cantautore, che tira fuori dal cilindro un brano sospeso tra presente e passato grazie ad un finger-picking mica male che riporta ad un cantautorato vecchia scuola che, allo stesso tempo, si concede delle incursioni semantiche e concettuali, sopratutto a livello di scrittura, nella contemporaneità : sullo sfondo, Ikea, il capitalismo che imbruttisce e l’amore come unica à ncora di salvataggio dalla nostra mediocrità .

IL MAESTRALE, Xanadu

Atmosfere sospese tra sogno e realtà , con un che di mistico ed esotico, quelle del nuovo singolo di IL MAESTRALE, che nella miscellanea riuscita tra folk (con echi che rimandano, deliziosamente, al compianto Pino Mango) ed elettronica tira fuori dal cilindro un inno mediterraneo che scivola sensualmente sul corpo e nella mente dell’ascoltatore; il lavoro di arrangiamento è importante, gli incastri ritmici creati dal sillabato di una voce anodina e quasi ieratica aiuta il tutto a raggiungere un livello importante di “sacralità “. Un bel ritorno al tempio.

ALIC’E’, Sigarette

Nuovo brano per il duo, che sceglie una veste più elettronica per raccontare l’amore disperato di una coppia che non vuole accettare di perdersi, nè di sciogliersi in classiche frasi d’addio; la passione si consuma nel tempo di una sigaretta, fumando lenta nella struttura di un brano pop, che ricorda un po’ i Coma Cose di striscio, mentre nel ritornello torna a farsi sentire tutta la “old school” pop del progetto.

FRANK PAST, LISTANERA, Cattive Stelle

Torna anche il progetto di Francesco Pastore (alla penna) e Listanera (alla voce), con un singolo che in linea con il terreno di confidenza di Daniele si muove sullo sfondo a luci led di un mondo futuro in cui, evidentemente, i problemi sentimentali continuano ad essere quelli dell’umanità  presente; la produzione si arricchisce delle giuste acustiche per far involare un ritornello che sa di arioso, di largo liberatorio che riesce a disinnescare, per il tempo di un inciso, la morsa di arpeggiatori e sintetizzatori distopici. Bel ritorno.

MARVO MD, Multiverse 3: Word Echoes (EP)

Tre brani per aprire le prospettive di un multiverso che prende forma nel giro del tridente offerto dal nuovo EP di Marvo, che dimostra di avere una certa dimestichezza a lavorare su fronti e linguaggi espressivi diversi: dal cantautorato pop di Listanera e Frank Past che apre il podio per arrivare alla discodance del brano prodotto per Dorothea fino ad arrivare alla hit un po’ latin realizzata in collaborazione con Seumar. Tre lingue diverse, tre chiavi interpretative differenti, tre piccole isole che co-esistono bene nell’arcipelago dell’artista.

YOUNG KALI, ZAFA, GFERRARI, Piscina Tropicale

Un bel mood estivo che apre il ritorno dell’artista con un brano condiviso con tante voci diverse, per una hit che spalanca i calori e obbliga al tuffo nella freschezza di un pop ben costruito, che si fa contaminare con piacere da pieghe urban e new soul che respirano a pieni polmoni attraverso le trame convincenti di un brano ben ibridato, pur rimanendo ben ancorato al proprio terreno d’appartenenza “mainstream”.

VALENTINA BAUSI, Breathe

Mood dal retrogusto reggaeggiante quello del nuovo singolo della Bausi, che tira fuori dal cilindro un brano leggero, dotato delle cose giuste e capace di evolversi con scioltezza grazie ad un sapiente uso del mix, che risulta essere chiave di volta per la “resa” finale di una canzone semplice quanto efficace. Un buono viatico per il “chilling” del weekend.

MEZKAL, Dove

Buon piglio elettronico (che ricorda un po’ i primi, ispiratissimi Subsonica) per Mezkal, che appena parte a cantare sveglia tutta la fotta che hai sedimentata sul fondo del cuore; timbro incendiario per una canzone che sembra fatta appositamente per “esplodere”, lasciando attorno a sè macerie fumanti di quello che l’artista era e sembra non voler esser più.

REA, Lontano

Produzione serrata che non lascia spazio all’esitazione dell’ascoltatore il nuovo singolo di Rea, che riesce a dare la giusta intenzione ad un brano che sta in piedi senza difficoltà  perchè ben scritto, e funambolicamente in bilico fra dance anni Ottanta e un certo cantautorato moderno che permette al timbro di Rea di scavare ancor più in profondità , con precisione chirurgica.

SAMUELA, Silenzio

Un po’ Carmen Consoli, un po’ Rosalìa, un po’ Mango il singolo di Samuela, che gode di una buona ibridazione riuscita tra passato e presente grazie ad una produzione che permette al timbro dell’artista di involarsi nell’amplificazione potente di un testo liberatorio; clavi ritmiche giuste, trattamento interessante delle voci e una chitarra acustica che fa da guida allo sviluppo di una canzone che arriva nel modo giusto.

BLOWY, Maturità 

Fa piangere tutti noi immaturi un po’ per necessità  un po’ per scelta, il nuovo singolo di Blowy, che riesce con abilità  alchemica a congiungere mainstream e canzone d’autore, con un certo retrogusto alla Zen Circus e Motta (sopratutto, Motta“…) che aumenta il livello di impegno poetico di una scrittura da tenere d’occhio, controbilanciata da un arrangiamento intelligentemente sinfonico e ultra-pop. Allright!

GIANE, Come vuoi

Nuova uscita per Giane, che sfodera un timbro giusto ed efficace per raccontare un mondo interiore che sembra ben deciso a non far un passo indietro rispetto a ciò che l’artista vuole dire “pane al pane, vino al vino”: il ritornello esplode con la giusta intensità , coadiuvato da una scrittura sensata ed efficace, che permette all’ascolto di non incastrarsi mai ma di scivolare lasciando, però, il giusto segno.

ALESSANDRO DI DIO MASA, Se non suoni tu

Ambienti fumosi che ricordano un po’ Jannacci, un po’ Conte, un po’ il Fossati più jazzy, facendo rotolare accordi e voce nel giro di un manifesto personale che mette a nudo, sin dal debutto dell’artista, le debolezze e le fragilità  di una poetica certamente matura, lontana dalla sua dimensione di “esordio”.

BABBUTZI ORKESTAR, Ciao Mare

Eravate indecisi sul fatto che l’estate fosse iniziata o meno? Ecco, l’orchestrina Babbutzi mette in chiaro le idee a tutti ripescando dalla tradizione nazionale un brano che sa di ricordi, di salsedine, di voglia di buttarsi tra le onde di un mare che sa anche di nostalgia, in linea con l’idea classica di “estate italiana”, a metà  tra bagnini abbronzati e mondine piegate.

LUCIANO TARULLO, Quello che siamo diventati

Atmosfere sospese che lasciano spazio ad una voce che pare manifesto: il nuovo singolo di Tarullo è un’invettiva amara contro un mondo allo sbando che trova nella guida di una chitarra acustica e di un arrangiamento rock vecchia scuola il viatico efficace a far esplodere la rabbia cantautorale di un progetto che si fa apprezzare per genuinità  e sincerità .

rOMA, Canzoni fatte per poche persone

Interessante, stimolante e diverso, il nuovo singolo di rOMA, che riesce a rotolare con efficace pur nella scrittura anomala dell’artista, coniugando originalità  e un evidente rispetto della tradizione; il brano suona, e il timbro sporco ma vero di rOMA finisce con il conquistare fin dal primo play. Ricorda, a tratti, un po’ Fabrizio Moro.

STILL EIGHTEEN, Keep Rocking!

Solita verve adolescenziale che trasuda dalle corde vibranti e dalle pelle sonanti del trio rock’n’roll, che con buon piglio riesce a far salire a tutti la voglia di saltare sotto palco; la pacca arriva, come un bel pugno nello stomaco.

HOLLOW ECHOES, Hollow Echoes (EP)

Buon EP che mescola influenze diverse nel giro di giostra di un disco d’esordio che arriva dritto dritto come uno schiaffo, senza fare troppi complimenti: belle linee ritmiche avvalorate da melodie che, a loro modo, ammiccano all’opera e al gothic; ci sono spunti interessanti che meritano certamente attenzione, avvalorati da una scrittura (in inglese) che si fa apprezzare e che non pare affatto banale.

ELIA TRUSCHELLI, Punto e a capo

Mood autorale che ricorda un po’ Bersani per il nuovo brano di Elia, che sedendosi al pianoforte decide di mettersi a nudo attraverso una canzone che non ha bisogno di molto per stare in piedi, perchè ben scritta: ci sono poche cose, giuste, che aiutano il cuore ad involarsi e a sentirsi vicino a quello di chi canta. E non è poco. Mi ricorda anche un po’ il Calcutta di “Briciole”, nel cross-over ben riuscito di Elia.

FORJAY, Questo Viaggio

Parte pian piano il nuovo singolo di Forjay, che decide di affidare alla propria voce la resa espressiva di un brano che scava bene e nel modo giusto, infilandosi fra trame di arpeggiatori senza posa e di ritmiche che richiamano alla discodance.

CALEIDO, Noi suonavamo in un gruppo rock

Sospeso tra nostalgia del passato e ricerca di un futuro che sia migliore, il nuovo singolo di Caleido rivela le radici profonde piantate nel cantautorato nazionale (da Brunori a Cremonini) di un progetto da tenere d’occhio: i Gen Z possono chiamarci “boomer”, ma la verità  è che ognuno tiene vicino al cuore i ricordi belli del passato che ha. Anche se il rischio poi è diventare un po’ troppo passatisti, del tenore “ai miei tempi”… Nel complesso, una buona ballad scanzonata il giusto, che riesce a fotografare un bella fetta “generazionale”.