Dopo poco più di un anno dall’uscita del loro convincente debutto “Uppers”, i TV Priest ritornano con questo loro sophomore, pubblicato sempre dalla prestigiosa Sub Pop Records.

Il frontman Charlie Drinkwater ha definito il nuovo LP come “un set di canzoni più “aperte”, sia musicalmente che nei testi” e ha poi aggiunto che parla di temi come “amore, perdita e gioia”.

Mentre Drinkwater usa senza problemi le sue numerose tonalità  vocali (condivisibili i paragoni con Nick Cave che si leggono già  da qualche tempo), la sincerità  del songwriting aumenta donando un’immagine più reale della band che, in più di un brano (o almeno in qualche sua parte), sa anche fare a meno della violenza post-punk che la contraddistingue per lasciare spazio, invece, a qualcosa di più tranquillo che si spinge maggiormente verso territori pop ““ pur senza mai raggiungerli.

Partiamo proprio con l’opening track “One Easy Thing” che inizialmente vede solo una chitarra molto tranquilla accompagnare i vocals di Charlie, ma sa poi esplodere dopo circa una trentina di secondi sia con una strumentazione decisamente energica (ipnotica e vorticosa qui la chitarra di Alex Sporgis) che con una maggiore potenza della voce, che rimane comunque passionale.

La successiva “Bury Me In My Shoes” vede il basso di Nic Bueth supportare dei synth delicati e melodiosi, ma poi ancora una volta sono l’adrenalina e il rumore ad avere la meglio e, mentre l’intensità  continua ad aumentare ““ poderosi i colpi rifilati al suo drum-kit da Ed Kelland (soprattutto nel finale del pezzo) – la visceralità  dei vocals del frontman rimane un aspetto centrale della loro musica.

E’ piuttosto strano, ma alquanto piacevole ascoltare, a metà  del disco, il cortissimo “The Happiest Place On Earth”, un brano riflessivo e acustico, quasi una ballata, malinconica, sentimentale e ““ come ci hanno abituato questi inglesi ““ estremamente sincera.

Subito dopo la title-track “My Other People” è introdotta da una lunga parte strumentale di oltre un minuto e, mentre la sezione ritmica la spinge verso l’alto e la chitarra è libera di agire e di costruire, la voce di Charlie risulta parecchio malinconica.

“It Was A Gift”, invece, è graziata da un’ottima melodia nel suo coro e sembra uscire da un disco dei Protomartyr per quella sua grande intensità  sia a livello strumentale che vocale.

Questo “My Other People” è disco molto solido che, pur trovando le sue basi nelle già  note acque post-punk, in alcuni tratti sa anche mostrarci un volto più delicato e riflessivo dei TV Priest: per il gruppo inglese un passo in avanti davvero interessante.

Photo Credit: Hollie Fernando