“A Ride” è un racconto di viaggio e di fuga, di redenzione e di ricerca, di comprensione e di dannazione, nel quale una vicenda personale, quella di un uomo che è braccato dal peso del tempo che ha vissuto, si mescola all’America di oggi, un paese condannato a convivere con la propria grandezza, con i propri grandi ideali di libertà  e di giustizia, ma anche con tutti i suoi sensi di colpa e le sue assurde e spesso violente contraddizioni.

Phill Reynolds costruisce, un brano dopo l’altro, un passo dopo l’altro, un respiro dopo l’altro, un giorno dopo l’altro, il parallelismo tra un essere umano, giunto alla fine del proprio personale sentiero, e una nazione che si sente, sempre più, prigioniera dei suoi miti e dei suoi peggiori fantasmi, mentre le sonorità  alternative folk e country di questi undici brani si mescolano ad un blues cupo, fosco, minaccioso e maledetto. Un blues che rispecchia, alla perfezione, le nostre sconfitte più brucianti e i nostri sogni infranti; un blues che è il filo che ci rammenta il grande sogno americano, un sogno che viene risucchiato dai più bestiali rigurgiti razziali, dall’egoismo, dalle armi, dal materialismo, da una brama irrazionale di potere che produce solo devastazione, solitudine, desolazione.

Una desolazione dalla quale Phill Reynolds fa germogliare le sue immagini sonore in chiaroscuro, le sue visioni poetiche, nostalgiche e profondamente melodiche alle quali il cantautore italiano dona un potente ed eroico spessore emotivo. C’è un ponte che congiunge questo folk crudo e appassionato alle pagine di Ernest Hemingway, soprattutto quando non si ha paura di accettare la fine, quando si ha il coraggio di non ignorare la morte – come accade nel nostro onnivoro ed eterno presente virtuale, sovrabbondante di falsi ideali di perfezione, benessere e bellezza. Perchè la morte, in fondo, è il modo più efficace per raccontare la nostra storia, per lasciare la nostra testimonianza, per vincere, finalmente, i demoni che ci danno la caccia e consentire ad altre narrazioni di scoprire il proprio inizio.

Credit Foto: Marco Zanin