Saltato Beck per cause di forza maggiore (grazie Covid), torniamo al nostro posto preferito dopo tre anni, per un appuntamento del consueto ricco billboard di Tener-a-mente, che, dopo l’edizione tutta italica (o quasi) della scorsa estate, ha ripreso la sua connotazione più congeniale, quindi la sapiente capacità  di portare anche nomi di spicco del panorama internazionale a Gardone Riviera, non proprio una cosa da poco: quest’anno al sottoscritto è stato affidato il report di The Tallest Man On Earth, moniker dietro al quale si cela l’identità  di Kristian Matsson, folk singer svedese, classe ’83, in giro da diversi anni, che passa in Italia per una manciata di date, senza avere sostanzialmente un nuovo lavoro da promuovere, semplicemente il ritorno al mestiere più bello del mondo, portando in giro un piccolo riassunto delle puntate precedenti.

Come detto sopra, parliamo di canzone d’autore o appunto folk, con Tallest si arriva, oltretutto, spesso e volentieri alla radice del songwriting, sostanzialmente in forma primordiale, chitarra e voce o piano e voce, dove la sensibilità  e la capacità  di seguire melodie vincenti viene resa un punto di forza.

Mi è già  capitato in passato di sottolineare come vedere i concerti al Vittoriale non sia cosa da tutti i giorni e continuo a non far fatica a credere che siano gli stessi artisti a caldeggiare la loro presenza qui, anche a discapito di capienze maggiori e conseguente introito superiore. Se un artista ama il suo lavoro, credo che suonare in un posto del genere, o al castello scaligero a Villafranca, piuttosto che all’Arena o al teatro romano sempre a Verona e via dicendo, sia un valore aggiunto e qualcosa che vada oltre il semplice concetto di concerto, nella fattispecie, stasera, siamo in una location marchiata a fuoco dalla storia a due passi dal lago con l’atmosfera che rende tutto unico e raro.

Sono convintissimo che l’artista dia per indole un 15% in più in pathos, empatia e soddisfazione, senza nulla togliere, per carità , ai classici festival o agli stessi palazzetti che offrono location annuali.

The Tallest man on earth, al Vittoriale ci sta benissimo, quasi in punta di piedi si presenta ai nastri di partenza in perfetto orario, come annunciato, in totale solitudine, come, del resto, i suoi dischi lo sono, quando scoccano le 21,20 circa e folleggiando come un ballerino con un’ampia rincorsa inizia uno show di due ore, tenendo in palmo di mano una platea che è andata riempiendosi.

Non credo potrà  mai essere il mio artista preferito, per gusto personale o background, ma la stima nei suoi confronti si è almeno triplicata, per la grande capacità  di gestire un live così ricco e lungo semplicemente lui e le sue numerosissime chitarre e un pianoforte, eccezione fatta di un ospite alla tromba, un musicista e amico italiano, occasionalmente stasera, ad affiancarlo per un paio di brani.

Sembra facile, ma non lo è e lui ci riesce clamorosamente, sentendosi a proprio agio, dialogando con ironia e affabilità  con il pubblico e non facendo assolutamente mancare l’assenza di una backing band a supporto.

Musicalmente, non essendoci, come detto sopra, nuovi lavori da promuovere, la setlist è il più classico dei “The best of”, pescando qua e là  i brani più significativi della già  copiosa carriera dell’artista svedese, since 2008.

Da “The Gardener” praticamente in apertura, alla bellissima “Rivers” poco dopo, o, tra le altre, “Dark Bird Is Home”, “I’m s Stranger now” o “The Dreamer”. Praticamente le avrebbe fatte tutte, perchè la sensazione è che non se ne volesse più andare.

Nulla da aggiungere se non: bravissimo.