Se questo è il paradiso per i Candy, non oso immaginare che idea possano avere dell’inferno! Scordatevi i canti melodiosi, le nuvolette soffici, gli angioletti con gli occhi azzurri o Paolo Bonolis in overdose da caffeina dopo decenni di spot per la Lavazza. Per la band statunitense, fresca di debutto su una label prestigiosa come la Relapse, il regno dei cieli è un luogo putrido, cupo e minaccioso, affollato da anime marce fino al midollo e spiriti afflitti dalle pene più atroci.

Lasciate ogni speranza, voi che avete intenzione di ascoltare “Heaven Is Here”: vi attendono trenta minuti di ansia, dolore e tormento, conditi dalle urla strazianti di Zak Quiram e dalle rasoiate brutali dei chitarristi Michael Quick e Andrew Stark. Nessuna luce per le oscurissime note di questo album nuovo ma già  maledetto – un capolavoro di misantropia tradotto nel linguaggio estremo del metal più contaminato.

Per nostra fortuna i Candy ““ che, nonostante il nome ingannevole, non sono dolci come caramelle ma neanche fetenti come un formaggino ammuffito ““ non si limitano a spargere odio e disgusto per il mondo e il genere umano. La loro musica è profonda, dinamica e sfaccettata: dietro un muro di rumore apparentemente inscalfibile si nascondono influenze shoegaze, passioni elettroniche e un insospettabile amore per i My Bloody Valentine e gli Stone Roses.

Che i suoni del disco ““ densi, ruvidi, confusi e saturi oltre ogni misura – siano effettivamente figli alla lontanissima di un “Loveless” o magari dei minuti più movimentati di una “I Am The Resurrection”? Difficile crederlo. Perchè “Heaven Is Here”, in fondo all’anima, resta un lavoro di sincero ma spietatissimo hardcore imbastardito dal thrash (“Hysteric Bliss”, “World Of Shit”), dal grindcore (“Mutilation”), dal noise/industrial (“Trascend To Wet”, “Kinesthesia” e la lunghissima “Perverse”, tutte e tre tracce in cui si fa abbondante uso di strumentazione digitale) e dal doom/sludge, la cui pesantezza sulfurea impregna alcuni frangenti di “Human Condition Above Human Opinion” e della title track.

Un album davvero molto interessante, semplice ma mai elementare, che segna l’inizio di un percorso che potrebbe rivelarsi pieno di soddisfazioni per i giovani e promettenti Candy. Riusciranno a dar forma a un sound ancor più personale in futuro? Noi speriamo di sì. Nel frattempo, sconsigliamo l’ascolto ai deboli di cuore!